25, Aprile, 2025

Fabrizio, dopo l’Islanda la Svizzera

Abbiamo incontrato Fabrizio Frascaroli una prima volta nel 2007, quando si trovava in Islanda:http://www.nuovodiario.it/imolians.cfm?wid=3229. Ora Fabrizio si trova in Svizzera, per la precisione a Lugano.

«Dopo nove anni belissimi trascorsi fra mille esperienze all’ombra dei vulcani islandesi (all’epoca sempre inattivi), di cui già vi ho dato notizia, e un anno di transizione in Italia per motivi di ricerca, ho nuovamente lasciato alle spalle Imola, genitori, amici e parenti per iniziare un nuovo ciclo di vita all’estero. Questa volta la destinazione è stata Zurigo, la capitale finanziaria e culturale della Svizzera, dove risiedo ormai dall’autunno scorso. Un discreto cambio di latitudine rispetto all’estremo nord dell’Islanda! Fortunatamente, l’ultimo inverno è stato freddo e rigido anche in Svizzera, come piace a me…
Ancora una volta, il mio trasferimento è stato dettato dagli studi universitari: all’Università di Zurigo, infatti, sarò impegnato per i prossimi due/tre anni in un Dottorato di ricerca (PhD) in Scienze ambientali, mentre già nei prossimi mesi completerò la seconda laurea specialistica, questa volta in Ecologia, dopo la precedente in Antropologia culturale.
Sulla Svizzera, si sa, ci sono tanti clichés e giudizi stereotipati. La cosa buffa è che, dei posti in cui ho vissuto, è forse quello dove i clichés e gli stereotipi più si avvicinano alla realtà. Al di là della saggezza da guida turistica, in effetti, efficienza, orologi, regole rigide, controlli severi e puntualità (ma per la verità anche cioccolato, mucche, prati verdi e fattorie curatissime) costituiscono ingredienti essenziali del modo di essere e di vivere elvetico. Basta che un treno o un tram sia in ritardo di 2/3 minuti (cosa che, comunque, a me è capitata solo un paio di volte in circa otto mesi!) per vedere la gente in attesa che già sbuffa spazientita per il contrattempo… Così come, per circa due mesi, sono stato svegliato alle 6.30 tutti i giorni (salvo festivi) al suono di un martello pneumatico, senza possibilità di lamentela o protesta: si dà per scontato che ogni cittadino diligente sia già in piedi alle 6 per affrettarsi al lavoro.
Però poi, al di là di questa facile aneddotica, c’è anche tant’altro. Certamente, l’aspetto che più mi ha colpito (e più ho ammirato) fin dall’inizio è quello che definirei come una sorta di abilità locale, davvero encomiabile, nel valorizzare al massimo cose, spazi e luoghi. Così, ad esempio, vecchi tram dismessi diventano, nelle sere d’inverno, ristoranti itineranti nel centro di Zurigo dove gustare un’autentica fonduta. I canali e il lago cittadini sono stati interamente depurati dagli anni ’70 – l’acqua non è solo trasparente ma pure potabile! – e ora, nei giorni d’estate, ogni sponda pullala di lidi balneari e locali all’aperto, frequentatissimi da gente di tutte le età. Gli edifici abbandonati dell’area industriale sono puntualmente riconvertiti in sofisticati clubs e ristoranti che la sera ospitano una scena musicale e artistica abbastanza vitale. E le colline boscose che circondano l’agglomerato urbano, invece di essere adibite a centri residenziali per pochi, sono curate e mantenute come area verde e di svago per tutti – che sia per una grigliata domenicale, per visitare una fattoria biodinamica, o per camminare lungo uno dei tracciati che compongono la rete sentieristica più estesa d’Europa. È forse emblematico che alcuni degli oggetti che la Svizzera esporta con più successo – le borse Freitag, da anni oggetto di culto di designers e “creativi” vari in tutta Europa – sono prodotte usando pneumatici, cinture di sicurezza e camere d’aria di auto e bici rottamate!
È chiaro che, in questo senso, il confronto con la realtà italiana diventa un po’ impietoso – e perfino doloroso –  quando si pensa a quale straordinario potenziale è da noi quotidianamente dilapidato. Discorso che può essere esteso, ahimè, anche all’ambito scientifico e professionale. Certo: baronie e nepotismo sono ben presenti anche all’interno dell’Università svizzera… ma non costituiscono, quantomeno, l’unica realtà. Nella mia esperienza, se non altro, posso dire che pur arrivando senza agganci di sorta, non ho dovuto attendere più di tanto perché il mio progetto di ricerca ottenesse un generoso finanziamento da parte dell’Università di Zurigo, il che mi permetterà di conseguire un dottorato a condizioni logistiche, economiche e di libertà accademica che, purtroppo, non sono lontanamente immaginabili per uno studioso a inizio carriera in un’università italiana.
Detto questo, è poi chiaro che di confronti impietosi se ne potrebbero fare anche a parti invertite: ad esempio, un po’ più di senso dell’umorismo e disinvoltura nelle relazioni sociali potrebbero essere importati con successo a Zurigo e dintorni. Nel complesso, comunque, posso considerare questa prima parte della mia esperienza come più che positiva: è presto per dirlo, ma al momento l’idea di restare anche un paio d’anni oltre quelli prospettati (per un totale di 4/5, quindi) sicuramente non mi dispiacerebbe… O forse, dopo Islanda e Svizzera, sarà la volta di una terza, nuova destinazione? Fabrizio Frascaroli».

 

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