Ma la tradizione olivicola non si era fermata? A leggere i documenti dell’archivio di Stato imolese, dal 1835 la coltivazione e la valorizzazione dell’ulivo a Imola si sarebbero bruscamente interrotte. La comunicazione della certificazione Qc, Qualità controllata, per l’olio extravergine d’oliva Villa Scarabelli, arrivata sabato 15 novembre, racconta però un’altra storia.
Una storia che parla del progetto di valorizzazione dell’olio extravergine d’oliva imolese che da alcuni anni ha acquisito sempre più rilievo tra i produttori del territorio e che vede come capofila l’istituto agrario Scarabelli-Ghini assieme al Frantoio Imolese di Virgilio Rossi, punto di riferimento dell’olivicoltura di qualità della regione con il suo impianto d’avanguardia per la molitura.
Il riconoscimento, la cui comunicazione è avvenuta al termine del convegno promosso dall’istituto scolastico e dal Comune all’interno del programma del Baccanale, arriva a incoronare il lavoro svolto in questi anni e a fregiare l’olio Villa Scarabelli del titolo di prodotto Qc e di quello di primo olio certificato della regione. Il marchio che certifica prodotti di qualità eccellente, ottenuti con tecniche sostenibili, secondo il disciplinare di lotta integrata e una filiera tracciata dal campo alla tavola, riporta alla luce un’attività, l’olivicoltura, da alcuni anni silenziosamente rilevante.
Se si prendono in mano le mappe catastali, i documenti processuali e le note spese, la storia parla chiaro: Imola è stata per 200 anni la città dell’olio. Nemmeno l’epoca napoleonica ha frenato la coltivazione dell’ulivo in auge dall’affermazione della cultura cristiana. La rilevanza di questa attività agricola si può constatare anche dalla presenza di tre frantoi nella città nella seconda metà del Settecento o dall’attività certificata dai documenti storici dei poderi nel territorio imolese. Un’attività divenuta nei secoli così importante da ottenere una regolarizzazione amministrativa nel 1788: l’uso del vetro per misurare l’olio da mettere in commercio così da non alterarne la qualità. I documenti però tacciono sulla valorizzazione e sul prosieguo dell’attività olivicola dall’ultimo secolo e mezzo. Un silenzio che nasconde certamente un calo della coltivazione ma che non è sinonimo dell’assenza di essa.
Il convegno e le attività dell’Istituto Scarabelli s’inseriscono proprio in questo quadro. Oltre all’annuncio del prestigioso riconoscimento si è infatti parlato, con numerosi esperti provenienti da tutto il territorio regionale, di aspetti rilevanti quali i risultati della ricerca sui ceppi di olivi storici di varietà autoctone in Emilia-Romagna, le esperienze didattiche condotte nell’uliveto sperimentale dell’istituto imolese e la descrizione del profilo sensoriale degli oli extravergine di oliva dei produttori locali.
Un incontro di grande rilievo dunque che ha visto anche un importante spunto per la valorizzazione futura della produzione dell’ormai olio Qc imolese: un collegamento panificio e olivicoltura per la produzione di prodotti da forno Qc con olio Qc. Un binomio che nella realizzazione vedrà insieme il Comune, l’istituto, Virgilio Rossi e lo storico panificio Savelli di Imola.
Una storia che parla del progetto di valorizzazione dell’olio extravergine d’oliva imolese che da alcuni anni ha acquisito sempre più rilievo tra i produttori del territorio e che vede come capofila l’istituto agrario Scarabelli-Ghini assieme al Frantoio Imolese di Virgilio Rossi, punto di riferimento dell’olivicoltura di qualità della regione con il suo impianto d’avanguardia per la molitura.
Il riconoscimento, la cui comunicazione è avvenuta al termine del convegno promosso dall’istituto scolastico e dal Comune all’interno del programma del Baccanale, arriva a incoronare il lavoro svolto in questi anni e a fregiare l’olio Villa Scarabelli del titolo di prodotto Qc e di quello di primo olio certificato della regione. Il marchio che certifica prodotti di qualità eccellente, ottenuti con tecniche sostenibili, secondo il disciplinare di lotta integrata e una filiera tracciata dal campo alla tavola, riporta alla luce un’attività, l’olivicoltura, da alcuni anni silenziosamente rilevante.
Se si prendono in mano le mappe catastali, i documenti processuali e le note spese, la storia parla chiaro: Imola è stata per 200 anni la città dell’olio. Nemmeno l’epoca napoleonica ha frenato la coltivazione dell’ulivo in auge dall’affermazione della cultura cristiana. La rilevanza di questa attività agricola si può constatare anche dalla presenza di tre frantoi nella città nella seconda metà del Settecento o dall’attività certificata dai documenti storici dei poderi nel territorio imolese. Un’attività divenuta nei secoli così importante da ottenere una regolarizzazione amministrativa nel 1788: l’uso del vetro per misurare l’olio da mettere in commercio così da non alterarne la qualità. I documenti però tacciono sulla valorizzazione e sul prosieguo dell’attività olivicola dall’ultimo secolo e mezzo. Un silenzio che nasconde certamente un calo della coltivazione ma che non è sinonimo dell’assenza di essa.
Il convegno e le attività dell’Istituto Scarabelli s’inseriscono proprio in questo quadro. Oltre all’annuncio del prestigioso riconoscimento si è infatti parlato, con numerosi esperti provenienti da tutto il territorio regionale, di aspetti rilevanti quali i risultati della ricerca sui ceppi di olivi storici di varietà autoctone in Emilia-Romagna, le esperienze didattiche condotte nell’uliveto sperimentale dell’istituto imolese e la descrizione del profilo sensoriale degli oli extravergine di oliva dei produttori locali.
Un incontro di grande rilievo dunque che ha visto anche un importante spunto per la valorizzazione futura della produzione dell’ormai olio Qc imolese: un collegamento panificio e olivicoltura per la produzione di prodotti da forno Qc con olio Qc. Un binomio che nella realizzazione vedrà insieme il Comune, l’istituto, Virgilio Rossi e lo storico panificio Savelli di Imola.