Un miliardo e 225 milioni di ricavi che per l’88% derivano dall’attività con l’estero; un patrimonio netto di oltre 600 milioni di euro e 47 milioni di investimenti di gruppo (una ventina quelli della cooperativa confermati per il 2014), con i dipendenti nelle sedi produttive e negli uffici sparsi per il mondo che in un anno sono passati da 3.919 a 4.175, questi i dati del 2013.
Salvo imprevisti, nel 2015 della Sacmi, che venerdì lo ha discusso e approvato nell’assemblea dei soci, il budget sarà in linea con l’anno precedente, anzi leggermente in rialzo.
La vulgata vuole che la cooperativa siano le persone, non i suoi numeri. Ma i numeri della Sacmi, frutto delle persone e delle scelte che si sono succedute nel corso dei 95 anni di vita della cooperativa e in modo determinante in questi anni di crisi economica, sono significativi e pongono l’azienda col cuore e la mente in via Selice in una posizione di accresciuta rilevanza per l’intero territorio.
La crisi in Ucraina ha inciso, con un impatto che è difficile da valutare con precisione in termini economici ma che potrebbe essere di qualche decina di milioni in meno. Così come a intaccare l’attività d’impresa è il forte abbassamento del prezzo del petrolio, che, facendo mancare introiti ai Paesi produttori riduce la loro domanda di altri beni. Anche la crisi immobiliare cinese ha ridotto la richiesta di macchine per la produzione ceramica in Cina.
Ciononostante la Sacmi continua ad assumere. Dopo l’aumento di fatturato registrato nel 2011, venne avviato un programma di assunzioni che in tre anni ha fatto entrare in azienda oltre 120 persone. Viste le crisi che hanno condotto al fallimento alcune tra le aziende cittadine che sul territorio facevano grandi numeri e occupavano centinaia di persone, come Cesi e 3elle, la Sacmi (quasi metà del fatturato su Imola è legato all’indotto locale e regionale) si ritrova anche nel ruolo di traino dell’economia imolese.
«La responsabilità è ancora più forte – commenta il presidente Paolo Mongardi (nella foto) -. Ogni mattina dobbiamo acquisire circa 4 milioni di volumi per mantenere un gruppo di oltre 4mila persone nel mondo».
In merito al dibattito che ha accompagnato la crisi di Cesi e 3elle, Mongardi tiene a ribadire come «il sistema cooperativo non è in crisi». Non di problema di modello o di sistema si tratterebbe, bensì di crisi di mercato e di prodotto. A Imola si spinge per allargare l’Alleanza delle cooperative (Aci), il modello di unificazione già condotto dalle centrali cooperative territoriali, ma Legacoop Emilia-Romagna vuole far precedere l’unificazione orizzontale intercooperativa al superamento verticale dei presidi territoriali. Due percorsi antitetici su cui il presidente della Sacmi non ha dubbi: «In linea con quanto sostenuto dal presidente Olivieri e da Sergio Prati ritengo che un polo cooperativo come quello imolese necessiti di avere un ruolo di un certo tipo. Accorpare il presidio a quello bolognese significherebbe rischiare di ridurre la nostra cultura cooperativa. Col lavoro fatto sull’associazione locale, portandola ai minimi termini, possiamo dire che non si tratta di una questione di riduzione dei costi».
Nell’architettura del Gruppo Sacmi di recente è venuto a mancare un importante tassello: Augusto Machirelli, mente storica della finanza e del patrimonio Sacmi che è in attesa della formalizzazione dell’incarico alla direzione del Con.Ami. «Un’uscita concordata – rivela Mongardi -. L’amministrazione comunale cercava una figura professionale di una certa caratura… e a noi non può che far piacere che un nostro manager vada a ricoprire una delle cariche più importanti del comprensorio». Forse la più importante… «Assolutamente la più importante. Augusto ha tutte le competenze per fare un ottimo lavoro». Del patrimonio Sacmi, ambito di cui Machirelli era responsabile ma che rimarrà come collaboratore esterno, ora si occupano Enrico Fiori per la parte mobiliare e Mauro Ferri per quella immobiliare.
Hps, la holding del gruppo, è stata trasformata in Sacmi Service Spa con cessione delle partecipazioni alla Sacmi. Scelta strategica? «Il cambio di normative legate al diritto societario ha portato in capo alla capogruppo la responsabilità per ciascuna delle società che detiene. Questo ha reso trasparente la holding, ci è quindi parso più razionale semplificare la catena, anche per un discorso di trasparenza nei confronti degli stakeholder interni ed esterni. Oggi la casa-madre detiene tutte le partecipazioni».
Negli anni 2000, prosegue, «impostammo la strategia di diversificazione del rischio», che ha consentito a Sacmi di equilibrare quei settori che per la crisi potevano prestare il fianco, come la produzione di macchine per ceramica, con altri settori come il packaging e il food. Una scelta lungimirante che al pari della spinta sulle esportazioni ha consentito di traghettare la cooperativa imolese oltre le acque tumultuose della crisi in cui altri sono andati a fondo. «Nell’ultimo anno abbiamo focalizzato l’attenzione sui business su cui è stata presa la decisione di puntare».
Localizzare invece di delocalizzare, produrre all’estero solo quando è essenziale per vendere in quei mercati, cercare sbocchi nuovi stando attenti a percepire dove si creano spazi di crescita commerciale. L’Africa, ad esempio, uno dei continenti che, seppur in misura eterogenea tra Paese e Paese, ha bisogno di costruire e di mettere a disposizione i contenitori in plastica con tappo destinati ai consumi d’acqua. In Africa la Sacmi ha piantato le ultime bandierine creando due società con tre sedi in Marocco (Casablanca) e Sud Africa (Cape Town con sede distaccata a Nairobi in Kenya).
Quindi, i «core business per il futuro rimarranno la ceramica, per la quale abbiamo deciso di puntare sull’eccellenza e su piccole acquisizioni mirate a rafforzare la nostra posizione di leader nel mercato, il closures, nel quale stiamo facendo dell’innovazione, e il beverage come creazione di linee complete, un settore per noi difficile dato che le parti rispetto ai nostri competitor si ribaltano: siamo noi a inseguire i colossi tedeschi e francesi. Un’impresa dura che ci vede impegnati nell’innovazione, nei prodotti e sulla nostra capacità di fare impianti».
La scelta è dunque quella di scendere nell’arena del mercato mondiale nei tre settori che negli ultimissimi decenni hanno visto Sacmi procedere spedita e creare la propria posizione, senza cercare altri settori in un’ottica di ulteriore diversificazione.
Sostiene Mongardi che «in un mondo globalizzato e difficile occorre essere leader nel settore in cui operi: migliori macchine, migliori innovazioni… Una volta individuati i filoni si deve puntare su quelli per focalizzare il business».