5, Febbraio, 2025

La trasmissione della fede sta venendo meno

La trasmissione della fede e il ruolo dei laici, la valorizzazione della vita consacrata, cogliere le opportunità offerte dall’istituzione delle unità pastorali: questi alcuni dei temi che stanno più a cuore al vescovo monsignor Tommaso Ghirelli, come indicato nelle linee guida Dire Gesù e come spiega a Il Nuovo Diario Messaggero.

Lei ha disegnato il cammino del biennio 2013-2015 all’interno delle linee guida Dire Gesù in cui richiamava la diocesi sul tema della trasmissione del Vangelo e invitando anche successivamente a cercare nuove strade per l’evangelizzazione e la pastorale: quali i riscontri a questi indirizzi?
«Mi aveva colpito il fatto, che pur continuando a far battezzare i figli e a mandarli al catechismo, nella presente generazione sta venendo meno la trasmissione della fede. Contemporaneamente, papa Francesco fin dai primi giorni del suo pontificato lanciava decisamente le Chiese locali nella missione, superando le strategie di conservazione e infondendo il coraggio anche ai non praticanti, come pure a quanti sono incorsi in irregolarità. È stato agevole quindi accreditare le linee guida che avevo steso con la collaborazione dei Consigli diocesani; ma una volta usciti in mare aperto ci si accorge quanto la navigazione sia impegnativa. Sembra quasi che una parte di noi stessi sia rimasta aggrappata ad un parapetto della baia dove facevamo il piccolo cabotaggio. Ci pensano però i drammatici problemi e le grandi potenzialità delle migrazioni, la ricerca di un nuovo ordine internazionale, l’urgenza di porre un limite allo spreco e alla devastazione dell’ambiente, a ricondurci alle responsabilità comuni e al dialogo, su cui si innesta l’annuncio cristiano».

Un appuntamento importante per il prossimo anno è il convegno sull’iniziazione cristiana che si terrà nelle giornate dell’8 e 22 febbraio: cosa si aspetta da questa iniziativa?
«Che si valorizzino i genitori nell’educazione cristiana, intesa come progressivo inserimento nella comunità parrocchiale e non ci si limiti alle lezioni di catechismo, né alla preparazione ai sacramenti, celebrati i quali ciascuno se ne va per la propria strada; che l’oratorio (inter)parrocchiale sia la seconda casa dei ragazzi e al suo interno si formino gruppi solidi; che l’iniziazione sfoci nella formazione permanente e questa dia luogo alla testimonianza di gruppo negli ambienti».

Si sono chiuse le visite straordinarie alle unità pastorali: quale il bilancio a cinque anni dall’avvio?
«L’idea corrente è che le unità pastorali siano state introdotte come rimedio alla diminuzione del numero di sacerdoti. In realtà, non è così: la secolarizzazione ha selezionato i praticanti, la gente si muove di più, le parrocchie si scoprono non più autosufficienti, per cui l’interazione tra loro, soprattutto tra gruppi giovanili, andrebbe avanti anche se ci fossero molti preti. Cogliere le nuove dinamiche delle parrocchie e accompagnarle con qualche indicazione, non troppo dettagliata, è diventata una necessità. Molto all’atto pratico dipende dalla buona volontà dei parroci ad abituarsi a lavorare insieme e a rendere i laici corresponsabili, investendo di più sulla formazione».

Si è aperto l’anno della vita consacrata: occasione di riflessione solo per chi ha già detto ’sì’ a Dio oppure occasione per far maturare nuove vocazioni?
«C’è bisogno di stimare maggiormente le scelte di vita dei consacrati, da molti ritenuti fuori dal mondo o dalle concrete, normali prospettive dei giovani. In realtà non sono pochi i giovani – ragazzi e ragazze – che avvertono un’attrazione a seguire Gesù povero obbediente e casto, ma il più delle volte viene a mancare l’ambiente formativo adatto allo sviluppo di un vocazione di speciale consacrazione. Se assistiamo al fenomeno dei giovani che né studiano né lavorano, significa che anche la prospettiva della vita religiosa è ritenuta impraticabile. Non possiamo rassegnarci a ciò, e l’Anno della vita consacrata deve rappresentare un rilancio di tutte le possibilità offerte ai giovani. Ci vuole il coraggio di fare loro delle proposte esigenti e impegnative».

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