«Sa perché ho potuto fare tutto questo? – diceva in una delle poche interviste pubblicata postuma il padre della Nutella, Michele Ferrero, recentemente scomparso -. Per il fatto di essere una famiglia e di non essere quotati in Borsa: questo ha permesso di crescere con serenità, di avere piani di lungo periodo, di saper aspettare e non farsi prendere dalla frenesia dei su e giù quotidiani». Parlava delle invenzioni che dall’ovetto Kinder all’Estatè sono diventati successi nel tempo e di come il cliente finale sia il vero amministratore delegato della società. Non puoi avere successi a breve se vuoi stare a lungo sul mercato, questo è nella natura dell’economia. Il nostro territorio è uno di quelli che sente maggiormente il contraccolpo di questa crisi perche per lungo tempo è stato modello di virtuosità. Il saldo fra le imprese attive e quelle cessate nel 2014 è tra i più negativi nella provincia e purtroppo questo è un trend che si ripete da anni.Per lungo tempo la sicurezza in un sistema locale che si
credeva autosufficiente, ha ridotto l’ideale di impresa. Il buon livello economico e sociale ha come appiattito l’emergere di forme nuove e ora, davanti ad un cambiamento strutturale, si assiste a chi ha capacita di rinnovarsi e crescere, a chi invece chiude anche solo per ragioni di accesso al credito e a chi aspetta che un’altro sia garante del lavoro e del benessere. Qualcosa di anonimo che di fatto, seppure nelle migliori intenzioni, sostituisce la creatività della persona. Demandare messianicamente alla politica o ad altri sistemi è fondamentalmente non mettere in gioco se stessi. Questo atteggiamento purtroppo è molto diffuso e come avviene nell’ambito educativo, sostituirsi è sostanzialmente non fare crescere. Ciò non vuol dire che non c’è la crisi ma che l’ideale per molti è venuto meno. Che cosa è questo ideale? Uno scopo grande condiviso che vada oltre al singolo interesse e che permetta alle persone di lavorare e rischiare insieme, consapevoli della loro responsabilità nella storia, coscienti del loro bisogno e dell’umiltà che da soli
non si può soddisfarlo, come fu negli anni ’30 per le nove persone che si misero insieme e costruirono la Sacmi o la Cefla. Sì, perché crescita economica e coesione sociale sono strettamente interconnessi, ma alla sua origine c’è sempre un problema culturale: la creatività e la capacità di guardare e parlare con la realtà, ascoltarne i bisogni e rimettersi continuamente in gioco sulle proprie capacità, sfidando nuovi territori, costruendo nuovi prodotti, cercando nuove collaborazioni. Oggi non si lavora da soli e solo l’ideale condiviso può sfidare il limite, anche quello della crisi. In questo senso la responsabilità è della singola persona e della modalità con cui questa sta davanti alle circostanze, indipendentemente dal ruolo o funzione ricoperta. Collaborare ad una impresa vuol dire passione prima ancora del risultato, dove la crescita diviene uno strumento per il fine che sono le persone che costituiscono l’impresa e la società.
* presidente di Sis.Ter