6, Febbraio, 2025

Storia locale ed edizione delle fonti

A ridosso della promulgazione delle leggi razziali nel 1938, Benedetto Croce pubblicava su La Critica – rivista culturale da lui fondata e diretta – una lettera che il filosofo e medico Antonio “Galateo” de Ferrariis aveva indirizzato oltre quattro secoli prima all’allora signore di Nardò Belisario Acquaviva. Nella lettera, lo studioso lodava l’Acquaviva per aver acconsentito al matrimonio del proprio figlio con una giovane ebrea e ribatteva a certi sentimenti antiebraici che circolavano al suo tempo. «Se siamo cristiani, scriveva il Galateo, perché dovremmo disprezzare gli ebrei da cui discende la nostra religione?» L’antico documento era congeniale al Croce per esprimere il proprio dissenso al crescente clima d’odio che osservava nella società italiana. Serviva inoltre a far conoscere come anticamente, nel Regno di Napoli, ci fosse stato chi aveva preso le difese della pacifica convivenza degli ebrei con i cristiani, della loro mescolanza al di là delle differenze, fino anche ad entrare, per via di matrimonio, nell’aristocrazia locale.
Conoscere la storia, il nostro passato, ci permette di guardare con maggior sicurezza, con più acuto senso critico al presente, alle scelte a cui siamo chiamati quotidianamente per decidere il nostro futuro. E sebbene la storia dei manuali ci racconti l’evoluzione dei popoli di tutto il mondo, quel tipo di storia non la si può scrivere né studiare senza avere una conoscenza approfondita e sicura delle tante storie locali che la compongono, fatte di episodi eloquenti come quello della lettera del Galateo e di accadimenti più semplici, ma non per questo meno importanti. Da qui si comprende l’importanza del lavoro dei tanti studiosi ed eruditi locali che fin dall’Ottocento scavano la preziosissima miniera di archivi e biblioteche di cui è tanto ricca l’Italia. Il risultato più significativo sono le edizioni di fonti e di documenti che si sono prodotte e che continuano a prodursi, in controtendenza, forse, con alcune correnti storiografiche recenti, ma forse proprio per questo ancora più preziose. Scrivere di storia implica far passare le fonti attraverso il filtro della propria interpretazione. Pubblicarle, le fonti, vuol dire invece ridare voce ai protagonisti stessi della storia. Sono necessarie capacità tecniche, sforzo e studio per poter leggere gli scritti antichi: pubblicarli significa renderli accessibili a molti, per permettere a tutti di acquisire quella fondamentale conoscenza del proprio passato, per insegnare cosa è stato e preservarne e trasmetterne la conoscenza a chi verrà dopo di noi.

Giacomo Mariani

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