6, Febbraio, 2025

Il papa ci esorta a fare sport

L’occasione è data dal congresso annuale dell’Unione ciclistica europea tenutosi a Roma la scorsa settimana con l’incontro con il santo padre del presidente dell’Unione ciclistica internazionale e del presidente della Unione ciclistica italiana Di Rocco. Nel suo saluto il pontefice ha sottolineato le concomitanze fra Chiesa e lo sport, vivendo in entrambi lo stimolo a dare il meglio di se per raggiungere una determinata meta, a fare sacrifici, rinunce, a rialzarsi dopo una sconfitta, la gioia per una vittoria. Con particolare riferimento al ciclismo papa Francesco ha sottolineato come sia espressione dello spirito di gruppo: la squadra lavora tutta per la vittoria finale, chi è in difficoltà deve essere aiutato e i gregari devono essere vicini al capitano. Vero che nella storia del ciclismo ci sono molti episodi che confermano questi principi di vita oltre che di sport e tanti i ciclisti che hanno saputo coniugare fortezza d’animo e determinazione ma anche solidarietà e gioia di vivere.
Non posso che condividere le parole del Papa avendo vissuto negli anni sessanta molto da vicino il mondo del ciclismo (babbo Iriano ha svolto l’attività di massaggiatore della Salvarani nel periodo d’oro Adorni –Gimondi) e avendo letto episodi del periodo eroico fra le due guerre. Tutti conoscono quanto Bartali abbia salvato centinaia di ebrei durante il periodo fascista portando documenti nascosti nel telaio della sua bici e superando vari posti di blocco durante gli allenamenti e stante al sua fama espressione più alta dell’utilizzo della bici a fini umanitari. Altro momento di solidarietà sportiva è immortalato nella foto in cui Bartali passa a Coppi sulle Alpi una bottiglia di acqua, rivali ma con un cuore grande. Pochi hanno avuto occasione di poter vedere altra foto del 1946 in cui Luciano Pezzi con maglia Atala spinge in salita un corridore della Bianchi vittima di caduta e in difficoltà: vorrei poterla inviare a Papa Francesco a conferma delle Sue Sante parole. E’ chiaro che le difficoltà che i ciclisti affrontavano a quell’epoca (strade sterrate, percorsi impossibili, sete. fame ecc… ) favorivano espressioni di solidarietà, ma certamente alla base di tali comportamenti vi era una umanità, spirito di sacrificio e determinazione. Non conosco storie di uguale intensità nel ciclismo moderno, non potendo escludere che ve ne siano, ma certamente non fanno notizia in quanto oggi è talmente forte la necessità di raggiungere obiettivi, che significano denaro e notorietà, che tutto pare sia consentito a scapito di valori che mai dovrebbero essere compromessi. I valori cristiani e di vita dovrebbero animare tutti gli sportivi in quanto lo sforzo comune nell’affrontare le asperità e la volontà di raggiungere la meta, unisce e cancella ogni egoismo.

Edore Campagnoli

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