Nella Pasqua cristiana si trova la chiave interpretativa dell’esistenza, senza bisogno di censurare o rimuovere niente; vi si scopre anche il senso della sofferenza e degli insuccessi. Inoltre si trova la risposta al bisogno di cambiamento vero, profondo. Infine, la proiezione verso il futuro, senza con ciò evadere dal tempo e dallo spazio, dal limite. La Pasqua non illude né delude chi decide di coinvolgersi. Ridurla alla vacanza e ai consumi indotti dalla pubblicità sarebbe come perdere l’ultimo treno.
Sotto il profilo celebrativo, tutta la Settimana Santa presenta una ritualità ricca di simboli, a cominciare dalla rievocazione dell’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, con la benedizione e distribuzione dei rami di olivo. I racconti della Passione, che vengono proclamati la domenica delle Palme e il venerdì santo, si caratterizzano per una potenza di riflessione ineguagliabile. Merita quindi riservare del tempo a preparare accuratamente i riti: le letture, i canti, i commenti, gli spazi, gli oggetti.
Ai riti si aggiungono le prassi penitenziali, con le confessioni celebrate in forma comunitaria, il digiuno, l’astinenza; vengono infine le devozioni popolari, prima fra tutte la via crucis. Si giunge così al triduo sacro, che va dal giovedì sera alla veglia del sabato notte: una celebrazione unitaria, in tre tempi, di cui si coglie la bellezza e si riceve il frutto solamente partecipandovi per intero, senza paura di fare troppo, di stancarsi, senza timore di rinunciare ad altre occupazioni. Perché perdere un’occasione unica?
Ai miei fratelli praticanti rivolgo quindi un incoraggiamento pressante a coinvolgersi nelle celebrazioni, assumendosi possibilmente qualche compito,fino a quello della regìa, propria del cerimoniere. Non è più accettabile che si finisca per addossare tutti i compiti al celebrante, privandosi della possibilità di progredire insieme, come comunità partecipe e attiva. Ciascuno pensi: gli altri hanno bisogno di me, non posso tirarmi indietro. Ai non praticanti, faccio la proposta di accogliere il mio cordiale invito a partecipare alla festa più grande dell’anno, a non perdere l’occasione di inserirsi pienamente nella Chiesa. Se uno, scorrendo queste righe, avverte un desiderio anche tenue di provare o di riprendere un cammino, sappia che l’iniziativa è partita da un Altro, da Uno che gli vuole bene e lo sta attirando a sé. Non c’è occasione migliore della Pasqua per scoprire la bellezza e la ricchezza delle feste religiose, della Liturgia, delle devozioni e delle usanze ad esse ispirate. La buona riuscita della festa per altro dipende da ciascuno; chi parteciperà sarà contento, chi si chiamerà fuori si rattristerà e cercherà di riempire il vuoto interiore con dei surrogati.
Cari Imolesi, vi attendo con cuore aperto in Cattedrale per fare Pasqua insieme.
Vostro
Tommaso Ghirelli – vescovo di Imola