Al di là delle sue caratteristiche personali e del desiderio di averlo tra noi al più presto, tutti noi membri della Chiesa di Imola salutiamo la nomina del nostro nuovo Vescovo, don Giovanni Mosciatti, come segno di continuità e nello stesso tempo di rinnovamento. Continuità perché vediamo realizzarsi quanto disposto da Gesù Cristo, che ha fondato la Chiesa sugli apostoli da lui scelti personalmente, lasciando intuire che alla loro morte avrebbero avuto dei successori. Rinnovamento, perché gli aggiustamenti non bastano: la comunità cristiana non può “tirare a campare”; troppo urgente e vasta è la missione che Gesù ha inaugurato e trasmesso. D’altra parte, come ricorda il Concilio Vaticano II°, “Ogni rinnovamento della Chiesa consiste in un’accresciuta fedeltà alla sua vocazione” e – si può aggiungere – in un sostanziale ed essenziale ritorno alle origini. Non si tratta di inseguire il cambiamento, ma di tornare ad essere o diventare sempre più fedeli ad una Persona. Rientrando in noi stessi, chiediamoci quali reazioni suscita in noi la nomina del nuovo vescovo. Siamo portati a fermarci ai rapporti umani, che pure sono importanti e non si riducono all’appagamento dell’istintiva curiosità né alla rassicurazione circa l’esistenza della diocesi di Imola. Sul piano giornalistico, siamo portati a conoscere per primi le novità e a rilanciarle, con l’ambizione di anticipare gli altri, di dare loro qualcosa di cui erano privi. Ma in quanto credenti intuiamo che c’è in gioco qualcosa di più, che ora non soltanto questo sacerdote marchigiano entra nella nostra vita, ma diventa tramite di Gesù Cristo per ciascuno di noi. Anche perché, in fondo, l’autorità del vescovo si traduce in paternità. Non solo: come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica, “Nessuno può darsi da sé il mandato e la missione di annunziare il Vangelo. L’inviato del Signore parla e agisce non per autorità propria, ma in forza dell’autorità di Cristo; non come membro della comunità, ma parlando ad essa in nome di Cristo. Nessuno può conferire a se stesso la grazia, essa deve essere data e offerta” (CCC,875). C’è dunque in gioco il vero, intimo rapporto con Dio; è vero che non si finisce mai di passare da un cristianesimo di tradizione ad una scelta personale, o meglio ad una risposta. Attraverso la comunità e i suoi ministri siamo interpellati dal Signore in persona. In realtà, non siamo noi a prendere l’iniziativa; godiamo della libertà, che ci fa sentire responsabili, ma ne godiamo rispondendo ad un Altro. Dobbiamo convenire che è Gesù Cristo, ancora una volta, ad entrare nella nostra vita; in questo caso, attraverso la successione apostolica, attraverso l’arrivo di un nuovo vescovo e attraverso i suoi sacerdoti. Essi gli presteranno obbedienza e diventeranno formalmente suoi collaboratori al momento del suo ingresso in diocesi, per renderlo presente in ogni parrocchia e in ogni aggregazione.
Tommaso Ghirelli, vescovo