Mi ha colpito, di recente, un articolo di Carron in cui si afferma che l’uomo oggi è dominato dalla paura e dalla insicurezza. La politica ha il compito di assicurare ai propri cittadini tranquillità economica, stabilità, pace, ma non è in grado di rispondere al timore degli uomini che, cogliendo questo limite, si sono disaffezionati ad essa. La paura può essere vinta da una presenza: ogni uomo desidera essere amato, compreso, riconoscere un senso nel proprio esistere. Compito della Chiesa è salvaguardare questo desiderio, questa domanda di significato. Certamente il mondo ci richiama ad una competenza che, anche in politica, è più che mai necessaria, ma i cristiani hanno una loro peculiarità: ridire che vale la pena occuparsi del bene comune perché questo risponde al mio desiderio di felicità. Diversamente la politica può essere concepita come soddisfazione di interessi di parte o, nella migliore delle ipotesi, come gestione dell’esistente, generosa, ma insufficiente a soddisfare innanzitutto chi la fa.
Tentare di rispondere alla domanda di bene comune apre invece un altro scenario. E’ quello che abbiamo sperimentato nel periodo elettorale quando abbiamo deciso, con alcuni amici, di incontrare i candidati a sindaco del nostro paese ponendo a tema non il voto, ma il desiderio per il bene comune e gli strumenti per perseguirlo. Siamo stati molto colpiti e piacevolmente sorpresi nell’accorgerci che questa era una domanda interessante per tutti: uditori e politici e che l’appartenenza a correnti di pensiero diverse non era di ostacolo nella comunicazione, ma anzi determinava una curiosità ed in ogni caso un apprezzamento per il tentativo dell’altro spesso diverso da quello da me ipotizzato. Così sono cresciuti familiarità e stima reciproci. Spesso ciò che possiamo fare non è un progetto su larga scala: io non sono in grado di risolvere i grandi temi della politica nazionale, ma forse neppure quelli del mio paese, ma posso cambiare il mio sguardo. 2 esempi: ciascuno di noi ha fatto esperienza dell’incontro con una persona che all’uscita del supermercato ci tende la mano, il fatto di fermarsi a domandare e, magari, qualche volta a trovare anche il modo di offrirgli un lavoretto, seppur episodico, è il cambiamento che io posso attuare da subito. Oppure ho in mente un’associazione che segue famiglie con bambini portatori di handicap: oltre ad offrire un sostegno economico l’associazione pone al loro fianco una famiglia perché la solitudine sia vinta da una compagnia. La consapevolezza che il bene già esiste e che, guardandolo, possiamo imparare è la prima forma di politica è la modalità per testimoniare che la risposta al mio desiderio di felicità esiste già da ora e che ciascuno può contribuire. In questo senso anche la politica può essere sollecitata ad una presa di coscienza nel rispetto e nella consapevolezza delle proprie peculiarità.
Stefano Bosi