In un suo fondo che avrebbe meritato la prima pagina di un autorevole quotidiano nazionale anziché quella dei suoi dorsi regionali, il professor Bucchi dell’Università di Trento ha recentemente affrontato il tema della comunicazione del rischio e dell’emergenza evidenziando, da una parte, le caratteristiche del messaggio da trasmettere alla popolazione e, dall’altra, quelle dei soggetti che devono comunicarlo. Circa il primo aspetto, 1) le informazioni e indicazioni di comportamento devono essere sintetiche, tempestive e facilmente comprensibili; 2) va evitato di trasmettere al pubblico incertezza e indecisione; 3) il fisiologico e comprensibile dibattito tra gli esperti non deve tradursi in disorientamenti e confusione informativa. Circa il secondo,1) è importante parlare con una voce sola individuando chiaramente i referenti informativi, istituzionali e scientifici ed evitando interventi estemporanei di politici o scienziati assistiti da esperti di altri tipi di comunicazione o di marketing; inoltre, 2) non è una buona idea utilizzare profili social personali, perché il pubblico deve essere in grado di trovare facilmente nei canali istituzionali tutte le informazioni più importanti regolarmente aggiornate. Il messaggio fondamentale da dare, alla popolazione e agli opinion leader internazionali, “è che stiamo gestendo questa emergenza con prontezza, saggezza, equilibrio e competenza anche sul piano comunicativo”: ovviamente – conclude Bucchi – “prima di comunicarlo bisogna anche farlo”. Come Bucchi non sono un virologo e non mi permetto di giudicare i provvedimenti presi. Non sono nemmeno un esperto di scienza della comunicazione, ma le indicazioni fornite dalla letteratura sono di buon senso: eppure abbiamo frequentemente assistito, quanto meno sulle reti televisive nazionali, alla loro sistematica violazione. Tanto per ricordare l’ultimo “evento comunicativo”, qualche sera fa il Presidente del Consiglio si è rivolto al Paese in una diretta video Facebook, preannunciata da un “cinguettio” su Twitter, nella quale ha dichiarato una “serrata” degli esercizi commerciali: premesso che dobbiamo ringraziare le Televisioni per aver diffuso il messaggio, va rilevato che esso non rifletteva pienamente il contenuto del provvedimento pubblicato poco dopo. Non è dunque sorprendente che, secondo un’indagine demoscopica appena uscita, solo un italiano su due ritenga adeguata la comunicazione tra istituzioni e popolazione e, conseguentemente, che parte di quest’ultima non abbia ancora capito del tutto come comportarsi nella quotidianità: non è tutta colpa sua.
Stefano Cenni,
Dipartimento di Scienze Aziendali