La conclusione dell’anno scolastico è sempre motivo di percezioni estremamente variegate e a volte contrapposte. Basti pensare allo stato d’animo degli studenti davanti ai quali si presenta un periodo relativamente lungo di agognata vacanza, alle preoccupazioni dei genitori proprio per l’assenza di occupazione dei figli, al faticoso periodo degli esami per gli insegnanti. In questa situazione i rischi che tutti corrono sono molti. Ma la pandemia ne ha messo in evidenza uno in particolare e cioè il pensiero rivolto al futuro senza lasciarsi provocare realmente da quello che accade e dalle circostanze date. In questo lungo periodo di pandemia, con tutti i condizionamenti e le limitazioni cui siamo stati quasi costretti, quante volte anche noi, probabilmente, ci siamo proiettati in un periodo post-pandemico con l’auspicio di un ritorno alla cosiddetta “normalità”? Ma l’essere umano ha bisogno di “normalità” o non piuttosto di una vera “eccezionalità”? Una espressione che papa Francesco ha ripetuto varie volte mi ha particolarmente colpito e sollecitato: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla” (messa del 31 maggio 2020).
L’esperienza scolastica di questi due anni proprio per le limitazioni imposte ha sollecitato tutti, insegnanti, genitori, studenti, ad un faticosissimo lavoro che ha imposto cambiamenti radicali. Pensiamo, ad esempio, alla didattica a distanza (Dad), al necessario coinvolgimento dei genitori soprattutto per i più piccoli, e ai tanti aspetti implicati in questa nuova condizione. Che cosa vuol dire per coloro che sono direttamente o indirettamente coinvolti nel compito educativo “non sprecare la crisi”? Per rispondere a questa domanda faccio riferimento ad alcuni incontri con gli Insegnanti di Religione della nostra Diocesi. L’insegnamento della Religione Cattolica rischia di essere considerato come secondario rispetto a tutto il resto delle materie perché erroneamente visto come non direttamente attinente alla concretezza della vita. Un insegnante di Scienze dialogando con un collega di Religione gli ha detto: “In una situazione come questa è più evidente l’importanza della Religione perché davanti alla difficoltà attuale i ragazzi hanno bisogno di trovare le ragioni del loro impegno, e questo può accadere solo se sono aiutati a scoprire il senso profondo alla loro esistenza e perciò anche allo studio”. Ma questo senso profondo, le ragioni vere del vivere, non si apprendono semplicemente memorizzando concetti o tecniche. L’urgenza fondamen-tale è di incontrare qualcuno che queste ragioni le rende evidenti con un modo appassionato e perciò creativo di vivere tutto, compreso la materia che deve insegnare ai ragazzi. E questo ha positivamente messo in crisi tanti, giovani e adulti! La sollecitazione del Papa a non sprecare la crisi è diventata per qualcuno l’occasione di un lavoro su di sé, della riscoperta di un affascinante compito, quello educativo, nuovo, perché sollecitazione ad un modo di vivere, vero, appassionato, entusiasmante, contagiante. Se il ritorno alla cosiddetta “normalità” è occasione di questo, allora la crisi pandemica non solo non è sprecata, ma darà frutti abbondanti.
Don Pierpaolo Pasini
direttore Ufficio pastorale scolastica