Nel cuore della città, tra le mura del palazzo vescovile e di fronte alla cattedrale di San Cassiano, 60 anni fa è nato il museo diocesano di Imola. Al suo interno sono custodite oltre duemila opere: dipinti, argenterie sacre, tessuti liturgici, una vasta collezione di numismatica, mobili e arredi, che coprono un arco cronologico che va dal IX secolo ai giorni nostri. Inaugurato nel 1962 grazie all’opera di don Antonio Meluzzi, è stato il secondo museo dedicato all’arte sacra a essere fondato in Italia, dopo quello di Bergamo. In primavera festeggerà, appunto, un traguardo importante, quello dei 60 anni, che coincidono anche con i 30 anni di attività di Marco Violi, vicedirettore e colonna portante del museo diocesano, a cui abbiamo chiesto di raccontarci il presente, il passato e il futuro «di un luogo sempre più vivo e importante per la città». Trovate l’intervista completa nel numero del nostro settimanale in edicola da giovedì 10 marzo. Qui una piccola anticipazione.
Cosa prova nel festeggiare questo doppio anniversario?
Lo considero un grande privilegio. Sono entrato al museo diocesano a 19 anni e da allora non me ne sono più andato. Posso dire che tra queste mura, tra queste opere d’arte, sono cresciuto. Al tempo stesso ho partecipato e sono stato autore del cambiamento e dello sviluppo del museo. Confesso che, dopo tanti anni, riesco ancora a commuovermi quando dal giardino guardo in alto e vedo le finestre del museo illuminate, i visitatori che percorrono le diverse sale. Mi sento un po’ figlio e un po’ padre di questo luogo. Che oggi fa parte di un grande polo culturale che si è creato nel tempo, grazie all’impegno di molti. Nello stesso edificio trovano posto il museo diocesano, l’archivio diocesano, il museo delle carrozze, il lapidarium, il rinnovato giardino. Il tutto all’interno del palazzo vescovile e di fronte alla cattedrale, due luoghi che la comunità cristiana imolese deve percepire come propri…
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