C’è una invocazione nella liturgia del Lunedì Santo che mi colpisce sempre per la sua profonda verità: “Guarda, Dio onnipotente, l’umanità sfinita per la sua debolezza mortale, e fa’ che riprenda vita per la passione del Tuo unico Figlio”. Riprenda vita per questa debolezza mortale che è sotto gli occhi di tutti noi. Quello che sta accadendo con il conflitto in Ucraina è un potente richiamo a quella fragilità originaria di cui siamo impastati e che spesso dimentichiamo. Le immagini terribili che riceviamo tutti i giorni fanno apparire l’uomo come un nulla insignificante, che può essere schiacciato e strappato via dalla vita.
Uno sguardo veramente realista di fronte a tutto questo è proprio quello di chi, dentro la tragedia del presente, sfrutta ogni spiraglio possibile per arrivare alla pace. Questo è quello che desidera e chiede con insistenza il papa, il vero realista. Abbiamo proprio bisogno che un Altro ci liberi dal male, non siamo capaci di salvarci da soli.
La sola cosa che è in grado di cambiare la vita è la presenza di Dio che si rende visibile attraverso uomini che amano, che perdonano, perché hanno negli occhi e nel cuore l’incontro con Cristo. Egli, in un momento non meno drammatico della storia, silenziosamente, ha vinto la morte, sulla croce. E la sua risurrezione non è una cosa che appartiene al passato, contiene una forza di vita che penetra il mondo, anche oggi.
Lasciare spazio a questo mistero introduce un cambiamento anche nei momenti più oscuri dell’umanità. E non potrà esserci pace senza verità, non ci sarà verità senza perdono, e non c’è perdono senza Cristo che morendo dice: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”. Che il dolore straziante di questi giorni ci riporti a Dio, ci cambi, ci mostri che la riconciliazione e il perdono ci sono necessari come l’aria.
Qui sta il valore grandissimo della consacrazione al Cuore Immacolato di Maria dei popoli russo e ucraino che abbiamo vissuto il 25 marzo scorso. Essa ci ricorda che siamo accomunati tutti nel medesimo peccato originale, che siamo anche resi tutti fratelli e sorelle in Cristo, nato da Maria. A Lei, divenuta madre di tutti sotto la croce, affidiamo la domanda del miracolo della giustizia e della pace, consapevoli che senza l’opera redentrice di Cristo il perdono diventa impossibile.
Così ci ha detto Papa Francesco all’Angelus nella scorsa Domenica delle Palme: “Siamo nei giorni che precedono la Pasqua. Ci stiamo preparando a celebrare la vittoria del Signore Gesù Cristo sul peccato e sulla morte. Sul peccato e sulla morte, non su qualcuno e contro qualcun altro. Ma oggi c’è la guerra. Perché si vuole vincere così, alla maniera del mondo? Così si perde soltanto. Perché non lasciare che vinca Lui? Cristo ha portato la croce per liberarci dal dominio del male.
È morto perché regnino la vita, l’amore, la pace. Si depongano le armi! Si inizi una tregua pasquale; ma non per ricaricare le armi e riprendere a combattere, no!, una tregua per arrivare alla pace, attraverso un vero negoziato, disposti anche a qualche sacrificio per il bene della gente. Infatti, che vittoria sarà quella che pianterà una bandiera su un cumulo di macerie? Nulla è impossibile a Dio. A Lui ci affidiamo, per intercessione della Vergine Maria.”
Che questa umanità sfinita per la sua debolezza mortale riprenda vita per la passione, morte e risurrezione di Cristo.
Mons. Giovanni Mosciatti
vescovo di Imola