Tutti noi facciamo esperienza che nessuna espressione dei sentimenti umani è più grande della musica. Siamo toccati da un concerto di archi, dai colori di una sonata per pianoforte. Eppure, quando sentiamo la voce umana avvertiamo qualcosa di diverso. Tutti noi ne abbiamo fatta esperienza sabato scorso al concerto in cattedrale del coro della Cappella Sistina. Davvero il canto è l’espressione più alta del cuore dell’uomo. Ci siamo proprio resi conto che il canto è l’espressione di un popolo, la voce di un corpo, che prega, che ci tocca, come puro dono. Davvero non esiste un servizio alla comunità paragonabile al canto.
Il coro è lo strumento principale dell’educazione di una comunità che vive. Il canto è in funzione della comunità, è la porta d’ingresso più facile alla natura dell’avvenimento cristiano, perché ci fa sentire di più nella nostra carne che cosa vuol dire appartenere al Signore.
Per questo abbiamo desiderato che il gesto di sabato in cattedrale non fosse solamente l’ascolto di un bel concerto, ma un lavoro di confronto e di dialogo tra i maestri della Cappella Sistina e i direttori e i tanti coristi dei cori della nostra Diocesi. Siamo stati invitati ad iniziare un cammino di studio e di comprensione del valore potente della musica nel nostro cammino di fede e come aiuto importante nelle nostre liturgie.
Il Concilio ci ricorda che «la tradizione musicale della Chiesa costituisce un patrimonio d’inestimabile valore, che eccelle tra le altre espressioni dell’arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne» (SC, 112).
Certo, il canto può essere vissuto come protagonismo, come affermazione di sé. Questo lascia però spazio solo all’affanno e all’amarezza. Nella comunione con i fratelli si inizia invece a sperimentare un lieto abbandono che fa tornare a cantare come quando si era bambini. Si canta davvero solo quando si appartiene.
I canti noi li abbiamo ricevuti, ed è grande la nostra storia che ci ha lasciato delle espressioni splendide. Comprendiamo ciò che cantiamo e ciò che la tradizione ci ha lasciato soltanto facendo un’esperienza nel presente, viva. Altrimenti quello che abbiamo ricevuto sarà un patrimonio solo museale, senza gustare la bellezza che esso può comunicare, impegnandosi perché tutti possano goderne.
È stato molto interessante approfondire questi temi ed aiutarci nel compito grande che la Chiesa affida ai cori e al canto. La celebrazione dei 150 anni della nascita di Lorenzo Perosi, presbitero, grande compositore e direttore di cori, che iniziò proprio ad Imola la sua carriera, ed iniziò proprio qui da noi a pubblicare i suoi primi lavori, ci aiuterà a gustare e a vivere la bellezza della tradizione che abbiamo ricevuto e ad essere vivi e creativi nel servizio al canto nelle nostre comunità.
La speranza è che questo momento possa essere l’inizio di un cammino comune di consapevolezza e di bellezza.
Mons. Giovanni Mosciatti,
Vescovo di Imola