5, Febbraio, 2025

Egli si carica delle nostre sofferenze

La realtà che viviamo non ci permette davvero di sentirci al riparo dai colpi della vita. Potremo anche permetterci di andare avanti distratti, facendo finta che tutto sia sotto il nostro controllo. Ma le circostanze intorno a noi scombinano i nostri piani e ci chiamano bruscamente a rispondere, a prendere sul serio la nostra esistenza. Il dolore intorno a noi, la sofferenza di tanta gente sono un grido potente e se ci impantaniamo nella melma dell’ideologia, delle strategie, il cuore non comprende più. Il dolore di quei corpi riversi sulla spiaggia di Crotone, la tragedia senza fine delle guerre, e specialmente quella in terra ucraina, lo sgomento delle popolazioni della Turchia e della Siria per il terremoto, la fatica di riprendere dopo il dramma della pandemia, tutto questo senza la prospettiva di un Mistero più grande sarebbe incomprensibile.
E in questi giorni mi sono ritornate spesso alla mente le parole della profezia di Isaia che descrivendo la venuta del Messia ne parla come un Servo sofferente: «Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori, per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (cfr. Isaia 53). Dio non può sopportare che la sua creatura amata perisca per sempre. Egli si fa realmente compagno fin dentro l’angoscia più profonda, fin dentro il sepolcro, per aprire una fessura di luce. Così ci ricorda papa Francesco: «All’uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una presenza che accompagna, di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in essa un varco di luce. In Cristo. Dio stesso ha voluto condividere con noi quella strada e offrirci il suo sguardo per vedere in essa la luce. Cristo è colui che, avendo sopportato il dolore, “dà origine alla fede e la porta a compimento (Eb 12,2)”. Gesù viene a confermare questa fede proprio con la sua Risurrezione». È il segno che Gesù vuole dare. Non allungare la vita ma ridare vita, dare pienezza di vita. E così nulla va perduto. Tutto ciò che noi viviamo, i nostri legami quotidiani, le nostre sofferenze e le nostre gioie, tutti quei germi di amore che ora esprimiamo, trovano compimento in Gesù risorto. Egli non sopporta che noi periamo per sempre, lui che ci ama immensamente. Perfino i fatti drammatici e dolorosi, trovano il senso nella sua Risurrezione. Cristo stesso ha reso gloriosa persino la croce. Qui nasce la comunità cristiana che vive l’appartenenza a Cristo vivo, qui ed ora. È un avvenimento – specialmente quello del Dio vivo – che si può comunicare solo attraverso un altro avvenimento. Se la Chiesa smarrisce questo dato elementare si riduce a un insieme di iniziative, di strutture, di progetti elaborati a tavolino, e non il riconoscimento di una bellezza che ha la capacità di attrarre sempre. Proprio per questo la Pasqua è il mistero principale, il mistero grande della vita cristiana. È per Colui che è tra noi, vivo, che ognuno di noi riprende, ognuno di noi ricomincia, ognuno di noi rinasce, ognuno di noi risorge.

Mons. Giovanni Mosciatti,
Vescovo della Diocesi di Imola


 

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