Che si trattasse di una banda specializzata e di un piano ben studiato era parso chiaro sin dall’inizio. Oggi, dopo mesi di indagini, i carabinieri di Imola e del comando provinciale di Bologna annunciano di aver identificato i presunti autori del furto aggravato in concorso all’armeria Topi di Imola, in port’Appia, avvenuto il 19 settembre scorso.
In quella notte erano sparite circa 50 armi tra pistole e fucili, trafugate nella notte. Le indagini avviate dai carabinieri, coordinati dalla Procura di Bologna, si sono concentrate su due donne e un uomo, arrivati in zona su un’auto a noleggio, che erano entrati nell’armeria per acquistare degli oggetti di poco valore. Secondo quanto riferito dall’Arma, solo un pretesto per mettere le mani sulle chiavi dei locali e farne una copia in ferramenta.
«Per non destare sospetti al personale dell’armeria che non si era accorto di nulla, i tre soggetti erano tornati qualche minuto dopo con la scusa di fare altri acquisti e senza farsi notare avevano rimesso le chiavi al loro posto – ricostruiscono i carabinieri -. In merito alla notte del furto, i soggetti erano partiti da Viareggio intorno alle 21 con un’altra auto a noleggio, erano usciti al casello autostradale A14 di Imola poco prima della mezzanotte, avevano perpetrato il furto ed erano tornati indietro».
Proprio a Viareggio, a un posto di blocco, l’auto notata a Imola era stata fermata e nella circostanza erano stati identificati la conducente (una 48enne) e i due passeggeri, tra cui il figlio 28enne, tutti residenti in provincia di Lucca.
«Grazie a questo dettaglio, i carabinieri del nucleo investigativo di Bologna e del nucleo operativo radiomobile della Compagnia di Imola sono riusciti a ricostruire il piano criminale della banda, risalendo all’identità dei presunti responsabili: la 48enne, il figlio 28enne e un’altra ragazza 27enne avrebbero clonato le chiavi dell’armeria; sempre il 28enne e altri due complici, un 21enne e un 23enne, avrebbero messo a segno il colpo, trasportando poi le armi in una destinazione ignota».
Un altro dettaglio di particolare importanza investigativa è stata un’impronta digitale rilevata sul biglietto autostradale che il conducente dell’auto a noleggio aveva restituito al casello A14 di Imola durante il pagamento del pedaggio. «Setacciando centinaia di biglietti, i carabinieri e il Ris di Parma sono riusciti a ritrovare quello che stavano cercando che conteneva un’impronta digitale di uno dei cinque indagati: il 23enne» ricostruiscono i carabinieri.
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna ha disposto nei confronti del 23enne, del 28enne e della madre 48enne la custodia cautelare in carcere, mentre gli altri due, il 21enne e la 27enne, sono finiti agli arresti domiciliari in attesa del processo.
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