Giada Monti, il racconto di un’imolese alla maratona di New York: «Il mio sogno realizzato»

«È stato il mio regalo per i 40 anni. Tra il pubblico cercavo i volti dei miei bimbi, di mio marito e dei miei genitori venuti a sostenermi»

Giada Monti durante la maratona di New York 2024


Si chiama Giada Monti, ha 40 anni, è di Imola, le piace correre ed è anche brava. Quest’anno, infatti, è arrivata ottava tra le italiane alla maratona di New York, la più celebre al mondo, che si è svolta il 3 novembre scorso. «È stato il mio sogno realizzato, infinitamente più incredibile di quanto potessi immaginare» racconta l’atleta. Quella di Giada è una storia fatta di fatica, determinazione e tanto amore, ma lasciamo che sia lei a raccontarla.

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Gli inizi
«Il mio, anzi il nostro, viaggio per la maratona di New York è cominciato a marzo, quando per i miei 40 anni ho ricevuto un regalo di compleanno unico da condividere con tutta la mia famiglia: la partecipazione alla maratona – spiega -. Da lì, un po’ per cabala un po’ perché ancora non credevo che potesse davvero succedere, ho cercato di non pensare troppo alla meta, concentrandomi sugli allenamenti del mio coach Vittorio Ercolani. Non sapevo ancora che emozione incredibile mi stesse aspettando».

Il fatidico giorno
«Senza nemmeno rendermene conto, è arrivato il 3 novembre e sono stata letteralmente travolta dall’euforia di una folla di runners e volontari che alle 6 di mattina hanno imbarcato da New York in direzione Staten Island per entrare nella zona di partenza. Appena raggiunta l’isola, il cellulare ha smesso di prendere il segnale: c’erano solo caffè caldo, bagels, therapy dogs, emozione palpabile e noi di fronte i 42 km più incredibili della nostra vita. L’unica incognita era il meteo, ma anche in questo siamo stati fortunati, 10 gradi alla partenza ed un sole tiepido al punto giusto».

Tre, due, uno, via..
«Ho avuto l’onore di essere nella prima griglia della seconda wave, mi sono goduta l’inno cantato dal vivo durante il quale non sono riuscita a trattenere le lacrime e poi via con lo sparo che ha attivato i cronometri ed aperto le danze sul ponte di Verrazzano».

Il percorso
«Siamo passati da Brooklyn, Queens, Queensboro Bridge e Manhattan con un supporto incredibile. I primi 30 km sono volati, non ho pensato un secondo alla fatica. Le gambe non le sentivo nemmeno, tanta era l’energia della folla lì attorno. Cercavo continuamente i volti dei miei bimbi, Sofi e Lollo, di mio marito e dei miei genitori tra il pubblico, non mi avevano detto dove li avrei trovati, ma sapevo che c’erano e che mi avrebbero fatto battere il cuore ancora più forte. E così è stato. Poi su fino al Bronx ed Harlem dove le gambe hanno iniziato a farsi sentire ed il dislivello continuava ad aumentare. Confesso di essere arrivata a Central Park esausta, ho iniziato a bere camminando ai ristori e non più correndo, ma andava bene così, stavo vivendo una delle esperienze più incredibili della mia vita. Finalmente, dopo l’ultima mezz’ora di fatica, ho raggiunto l’arrivo stoppando il tempo a 3 ore 22 minuti e 3 secondi e rendendomi conto di avercela fatta, migliorando di qualche secondo il mio tempo migliore, fatto un paio di anni fa a Torino su un percorso decisamente meno muscolare. Solo qualche ora dopo mi hanno detto che ero arrivata ottava tra le italiane in gara, che soddisfazione».


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