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Il 18 novembre sarà il settimo anniversario della scomparsa del dottor Giorgio Antonucci. Questo psicanalista è stato un gigante nell’attenzione e nella cura dei malati per quasi 20 anni all’Osservanza di Imola. Questi pazienti-internati, che volgarmente venivano chiamati ”matti” determinarono la nascita dell’epiteto non certo grazioso per Imola come “città dei matti” proprio perché ospitava due manicomi con oltre 1.000 pazienti nel periodo antecedente il 1970.
L’approccio che Giorgio aveva nei confronti dei ricoverati era a dir poco rivoluzionario per quei tempi. Lui che aveva fatto parte della scuola di Basaglia fu un anticipatore dello spirito della riforma sanitaria del 1978. Fu anticipatore concreto e non a parole, a differenza di tanti altri operatori che preferivano continuare a ghettizzare il malato mentale per poi, nelle migliori delle ipotesi sedarlo con degli psicofarmaci, rispetto alle cinture di contenzione che usualmente venivano usate negli ospedali psichiatrici nei confronti dei pazienti con patologie più complesse.
Giorgio cercava di far emergere l’umanità in queste persone bistrattate, umiliate e relegate ad una vita vegetativa in quanto venivano private del bene più prezioso: la libertà. Affinché queste persone avessero la loro dignità si batté per il riconoscimento ai fini previdenziali-assicurativi del lavoro che svolgevano all’interno del manicomio, eliminando di fatto lo sfruttamento avvenuto per anni nei loro confronti.
Queste persone venivano rinchiuse a vita e venivano liberate dal loro stato di schiavitù quasi solo con la morte, senza alcun diritto e senza alcun contatto con la famiglia. Facendo un paragone, la loro vita era peggiore di quella del carcerato in quanto quest’ultimo, dopo un certo periodo di detenzione aveva la possibilità di tornare libero; al ricoverato, al contrario, oltre alla mancanza di libertà, gli veniva tolta persino la speranza!
In questi quarant’anni dallo svuotamento dei due manicomi Lolli e Osservanza, si è parlato quasi solamente delle future ristrutturazioni di questi enormi complessi (soprattutto Osservanza) con incarico alla nota architetta Gae Aulenti e poco o quasi niente delle persone che hanno rivoluzionato quel mondo oscuro e buio come Giorgio Antonucci.
Io ho avuto la fortuna di conoscerlo e di essergli amico. Sulla base di questi rapporti nel 1985 mi fece avere copia della relazione che inviò alla presidenza dell’allora Usl. In quella relazione, si può notare chiaramente lo spessore del dottor Giorgio Antonucci: chi era, cosa ha fatto e la lungimiranza del suo operato!
Unitamente al fotografo Massimo Golfieri, forse l’unico chiamato da Giorgio a fotografare l’interno dei 3 reparti da lui diretti all’Osservanza, gradiremmo che non passasse sotto silenzio l’anniversario della sua scomparsa e che prossimamente gli venisse dedicato uno spazio all’interno del complesso ex ospedaliero come segno di riconoscenza per quanto ha fatto per il riscatto delle persone che là passarono anni della loro vita.
Adriano Gini
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