«Magari tra uno o due secoli lo spiritismo sarà diventato una tradizione, e forse anche il socialismo. Ma il cattolicesimo non si sarà mutato in una tradizione. Sarà ancora scomodo, qualcosa di nuovo e pericoloso» (G.K. Chesterton, La Chiesa cattolica, 1926). A quasi un secolo di distanza da queste parole di Chesterton, vale la pena chiedersi se il noto scrittore britannico avesse ragione. Sul conto dello spiritismo o del socialismo dovrà pronunciarsi qualcun altro più competente. Ma la cultura cattolica è ancora scomoda, nuova, pericolosa? Pochi giorni fa, su richiesta di una studentessa, ho invitato in classe don Gabriele Ghinassi, il quale, per due ore consecutive, senza sosta, ha risposto alle domande degli studenti in merito al suo ministero di esorcista della nostra diocesi. Non nascondo di essere stato rimproverato da qualche collega per questo invito così “pericoloso” («è roba d’altri tempi!»). E non nasconderò neanche il fatto che il collega più animoso si sia ben presto scusato con il sottoscritto per avermi rampognato troppo. L’ho ringraziato e ci siamo promessi che, con più calma, magari mangiando e bevendoci sopra qualcosa di buono, saremmo tornati ad approfondire l’argomento. Ad essere sincero, non ero pronto a questo tipo di reazione. Immersi così come siamo nel clima liberale odierno, secondo cui è giusto che uno la pensi come vuole, avevo finito per convincermi anch’io di poterla pensare come mi pare.
Tuttavia dimenticavo che da circa duemila anni, tutte le volte che interviene un giovane carpentiere ebreo, la reazione della gente è sempre la medesima: «Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: “Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità» (Mc 1,27). Quello che fa del cattolicesimo un insegnamento sempre nuovo è certamente la sua pretesa di avere portata universale, di poter parlare all’uomo nella sua totalità. Questa nuova dottrina, da quando è comparsa sulla terra, è l’unica capace di attribuire lo stesso valore allo spirito come alla materia, all’anima come al corpo. L’unità nella totalità e la totalità nell’unità è il suo carattere peculiare, poiché essa è modellata sul paradosso dei paradossi: la divinoumanità di Gesù, il Cristo. Ed effettivamente la cultura cattolica è tutta costruita sul paradosso (parà = contro, dòxa = opinione), cioè in contrapposizione all’opinione che comunemente circola, a seconda delle varie epoche. Proprio perché non vuole tagliare via alcun aspetto dell’umano, questo tipo di cultura si troverà a difendere qualcosa, proprio nel momento in cui questo qualcosa è generalmente disprezzato. La sovversiva e nel contempo (paradossalmente) reazionaria portata della cultura cattolica sta in questo: è un pensiero che insiste nel richiamare l’uomo alla scomoda evidenza che la sua stessa vita non gli appartiene, non è una proprietà esclusiva, essa è invece voluta da qualcuno di più grande, qualcuno per il quale è stato coniato il sostantivo “Eterno”. La nuova energia che questa cultura imprime al mondo è ben descritta da un grande filosofo ebreo. Alla concezione tragica del tempo «il cristianesimo oppone un dramma mistico. La Croce affranca; e attraverso l’Eucaristia, che trionfa sul tempo, questa liberazione diventa quotidiana. In questo modo esso proclama la libertà, la rende possibile in tutta la sua pienezza […] Non solo la scelta del destino è libera. La scelta compiuta non diventa un vincolo. L’uomo conserva la possibilità – soprannaturale certo, ma alla sua portata e concreta – di sciogliere il contratto nel quale si è liberamente impegnato. Egli può riacquistare in ogni istante la nudità dei primi giorni della creazione» (Emmanuel Lévinas, Alcune riflessioni sulla filosofia dell’hitlerismo, 1996).
Matteo Mariani
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