24, Aprile, 2025

Andrea Carlini in scena a Imola con uno spettacolo dedicato a Vialli

Intervista all'attore che presenterà il suo monologo mercoledì 5 al cinema Pedagna e giovedì 6 al cinema Don Fiorentini

Provate a ripensare ai supereroi della vostra infanzia. Oggi ci sono i personaggi della Marvel, ieri poteva rubare la scena Harry Potter. Ma per un qualunque ragazzo nato a Genova negli anni ’80 l’unico – e insuperabile – supereroe era Gianluca Vialli. Insieme a Mancini formava una coppia di attaccanti magica, che portò quella Sampdoria a vincere lo storico scudetto del 1991. Vialli e Mancini li abbiamo rivisti insieme (e di nuovo vincenti) solo pochi anni fa, nella finale di Wembley del 2021 che ha decretato l’Italia campione d’Europa. Supereroe, appunto, perché già quella notte Vialli sapeva che aveva le ore contate, «la sua vita aveva una scadenza». Il gong è suonato il 5 gennaio 2023, Gianluca ci ha lasciato ma, in un certo senso, è ancora come se fosse tra noi. Ci ha insegnato come si vive con dignità davanti a una malattia inguaribile. Un supereroe, appunto.
Andrea Carlini, comico genovese con un passato anche a Zelig, sta girando l’Italia con Il mio Luca, uno spettacolo nato dall’amore per un campione ma anche dal desiderio di raccontare una storia che va oltre il calcio. Il monologo ha debuttato a Genova a gennaio e sarà a Imola il 5 e il 6 marzo rispettivamente al cinema Pedagna e al cinema Don Fiorentini. L’inizio è alle 20.45, il biglietto costa 20 euro.

Andrea, come è nata l’idea?
Volevo raccontare a mio figlio chi fosse il mio supereroe da bambino. Per la mia generazione Vialli era una figura quasi mitologica. Incarnava i valori che aveva quella squadra, come l’amicizia e la leggerezza, che ha mantenuto anche dopo gli anni alla Sampdoria, fino a diventare un esempio per persone di ogni età, anche per chi non lo ha mai visto giocare.

Come si può definire lo spettacolo?
Una storia d’amore. È la mia storia d’amore per Vialli, la sua per la Sampdoria e per Genova, e la mia per mio figlio, a cui idealmente racconto questa vicenda. In fondo è un racconto pieno di messaggi positivi.

Cosa rendeva speciale Vialli?
Lui vedeva il calcio come un gioco, non come una guerra. Diceva che i giochi si fanno con gli amici, e il valore dell’amicizia è stato centrale nella sua carriera.

Eppure quando andava in campo non si risparmiava.
Era un campione serio, un professionista esemplare, ma al tempo stesso riusciva a mantenere leggerezza e passione senza trasformare il calcio in una battaglia.

Lo ha mai incontrato di persona?
No, e nel mio spettacolo racconto anche questo. L’ho ammirato talmente tanto che non ho mai avuto il coraggio di chiedere un suo autografo. L’unica “foto” che ho con Vialli è un frame di un suo gol in cui, sullo sfondo, mi si vede tra i tifosi (ride, ndr). Però ho conosciuto la sua famiglia: suo fratello e suo nipote sono venuti a vedere la prima dello spettacolo a Genova e si sono emozionati. Per me quella è stata un’emozione che mi porterò dietro per sempre, la conferma di aver fatto un buon lavoro. Tanto che siamo pronti per fare uscire il libro.

Quando?
Nei prossimi mesi. La prefazione è firmata proprio dal fratello Nino.

C’è qualcosa che l’ha colpita nel modo in cui Vialli affrontava la vita? Penso ad esempio agli anni della malattia.
La malattia è appena accennata nello spettacolo, mi concentro maggiormente nella relazione ideale che c’è sempre stata tra me e lui, il significato che ha avuto per la nostra generazione. Penso a quando, negli ultimi tempi, diceva: «Mi rendo conto di non avere più tempo per le cose che non mi interessano». È una frase potente, che ci insegna a dare valore al tempo e alle persone che amiamo.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

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