Maestro dello sport, Alessandro “Sandro” Donati ha fatto della lotta al doping il suo marchio di fabbrica. È stato lui a denunciare gli scandali dell’atletica italiana, a partire dagli anni 80. La sua coerenza, il suo non restare in silenzio davanti a ingiustizia e corruzione, lo hanno portato all’isolamento e all’emarginazione, anche da quel mondo – lo sport – per cui ha lottato per tutta la vita.
Il professore, ancora oggi in prima linea in difesa di Alex Schwazer («Gli hanno teso un agguato» sostiene con forza Donati), sarà ospite domenica 18 febbraio, alle 16.30, alla Sala delle stagioni, del presidio imolese di Libera contro le mafie. Il tema, ovviamente, “lo sport del doping”.
Professore, partiamo proprio dal doping nello sport, un tema, purtroppo, di estrema attualità.
«Un tema di cui mi sono fatto carico per tutta la vita. Quanto avrei voluto fare solo l’allenatore d’atletica, la mia passione. Invece la lotta al doping, il combattere questa piaga, il non aver paura di dire le cose in faccia hanno fatto sì che venissi completamente isolato ed emarginato dal mondo che amavo, l’atletica.
Ecco perché, quando incontro i giovani, gli allenatori, ma anche un pubblico di non sportivi, cerco di far capire che il fenomeno del doping non si limita semplicemente al caso di positività, ma è sempre riferibile a questioni più ampie. Penso al mercato farmaceutico, alle conseguenze sportive e penali. In Italia, dal punto di vista legale, il doping è considerato un reato e come tale viene trattato in maniera molto seria. Dal punto di vista sportivo, invece, non è così. Spesso, anzi, le istituzioni lo hanno tollerato, in qualche caso anche “consigliato”, mi si passi il termine. Mi pare però che la situazione, ultimamente, sia in lento e progressivo miglioramento».
In questi anni però si è fatto sempre più strada il “partito” favorevole alla liberalizzazione del doping.
«Liberalizzare il doping è una proposta classica di chi pensa di risolvere il problema con la bacchetta magica. Chi fa questo tipo di proposte non conosce le caratteristiche del mondo dello sport, un mondo che tende sempre ad innalzare al massimo le prestazioni. Qualora si liberalizzasse il doping, assisteremmo ad una corsa a chi si dopa di più trasformandolo in un fenomeno mortale».
Veniamo ad Alex Schwazer. Cosa hanno rappresentato per lei i mesi trascorsi al suo fianco?
«Un’esperienza unica. Alex è un ragazzo vero, con grandi doti, fisiche e psicologiche. Un ragazzo coerente, che quando si è reso conto di ciò che aveva fatto nel 2012, ha pagato per i suoi errori e ha deciso di rientrare nel mondo dell’atletica con uno scopo. Mi ripeteva sempre: “Non voglio chiudere la mia storia con una pagina nera”. Quando venne da me la prima volta disse: “Farò quello che posso fare e lo farò con le mie forze”. Per me è stata un’esperienza meravigliosa che altri hanno reso tragica».
L’intervista completa al professor Donati è in edicola con Il nuovo diario messaggero di questa settimana.