Tempo di previsioni, statistiche, attese sul riavvio della vita sociale dopo la pandemia, attenzioni alle possibili nuove evoluzioni sociali politiche ed economiche. Sarà curiosamente interessante la lettura storica quando se ne darà narrazione. Al momento affermerei che molte, non oso dire tutte, le previsioni economiche, finanziarie, sociali e politiche che hanno occupato gli spazi dei media sono state puntualmente disattese. Purtroppo anche quelle scientifiche che, prive di elementi certi, hanno dovuto analizzare giorno dopo giorno i devastanti effetti di questa terribile pandemia. Non mi sottraggo, a questo punto, alla suggestione di fare alcune considerazioni previsionali che essendo così varie e diversificate non mi permetteranno facilmente di seguire un filo logico ma più opportunamente citerò a spot alcuni specifici temi prossimi al lancio del PNRR. Concordo con l’unanime opinione che il Covid possa essere definitivamente controllato (non estinto) entro fine estate tempo in cui dovremmo essere pronti al rilancio economico del paese.
Non concordo, invece, con quanto viene evidenziandosi da alcuni interventi di parte politica. Il possibile reinserimento dello Stato quale imprenditore pubblico rispolverando esperienze del passato che oggi si chiamerebbero CdP. Ne sono totalmente contrario. Lo Stato deve svolgere la funzione legislativa che gli compete ma non può stravolgere, con il suo intervento, le regole del mercato nella corretta competitività. Siamo così certi che Anas gestisca meglio del privato? Cito la vicina E45 ma l’elenco potrebbe comprendere ponti caduti e ancora da rifare, strade e tanto altro. Non è forse il mancato ruolo dello Stato nell’azione di controllo che permette ai concessionari di agire indisturbati? Data questa come considerazione di fondo, mi pongo poi altre domande quali: contiene questo piano le indicazioni per renderlo efficiente ed efficace nei modi e nei tempi ipotizzati? Siamo di fronte ad un documento, il PNRR, già per sua natura complesso e in molte parti difficili da interpretarne l’attuazione pratica. Non sarebbe male se nella stesura fosse contemplato anche un piano B da attivare al sorgere di difficoltà impreviste e insuperabili. Facile, dunque, comprendere come i giudizi che giornalmente vengono espressi dalla stampa e dagli addetti ai lavori siano non solo prudenti ma sommari, non precisi ed anche vaghi. Ovvio sempre rassicuranti e pieni di ottimismo. Azzardo un primo consiglio metodologico che ho tesorizzato nella personale esperienza di vita vissuta. È opportuno non affidarsi a quanto si apprende dai media, ma occorre leggere, leggere, leggere i documenti originali. Personalmente, ho letto le ultime 144 pagine di Draghi, le precedenti 166 di Conte e, per curiosità, ho dato una scorsa veloce a quelli della Francia e della Germania. Non è proprio vero che siano uguali o quasi. Ma venendo al nostro, non posso dimenticare gli insegnamenti del passato: il controllo dell’avanzamento e della gestione di un piano dovrebbero essere contenuti nel frontespizio di un pacchetto di sigarette. È di certo una forzatura ma, pur trattandosi di un piano ampio e complesso, avrei apprezzato un’esigenza di sintesi che ne faciliterebbe la comprensione e la conseguente attuazione. Il PNRR è suddiviso in settori: Digitalizzazione, Innovazione, Com-petitività, Cultura, Rivoluzione verde e Transizione Ecologica; Infrastrutture per una mobilità sostenibile; Istruzione e ricerca; Inclusione e Coesione; Salute. Il tutto per un valore di 222 miliardi. Giudico molto opportuna e puntuale la lucida introduzione di Draghi con il richiamo al fermo dell’Italia che perdura da oltre 20 anni. Il prosieguo parrebbe tutto accettabile se non fosse che il piano fonda la sua applicazione sulla stesura e approvazione delle riforme strutturali al momento, purtroppo, tutte bloccate! La composizione politica che regge il governo, pur ammirevole nelle parole e nei proclami, è ben lontana da un’intesa che non ha bisogno di mediazioni al ribasso. È sufficiente la fiducia in Draghi? Un esempio: la snellezza burocratica non si risolve con 24.000 assunzioni (che forse servono) ma occorrono normative ferree, la soppressione di enti ed istituzioni nonché la volontà e la disponibilità del nuovo apparato pubblico a non sollevare osservazioni giuridiche capziose volte unicamente a bloccare l’itinere. La burocrazia ci ha ucciso. Siamo fermi sugli appalti, sulla giustizia, sulla sanità, sul fisco, ecc…. Ho seguito in video alcuni incontri del recente festival dell’economia di Trento chiuso domenica 6 giugno. Non mi pare che gli interventi dei ministri con il maggior peso partecipativo al PNRR, siano stati scanditi con determinazione e certezze nella declinazione pratica ed attuativa dei piani, ma abbiano preferito esprimersi con parole onnicomprensive. Un altro elemento che pongo all’attenzione è il seguente: stiamo uscendo dal Covid e appare evidente come nel campo delle imprese, dall’artigianato all’industria, vi siano attività che hanno ottenuto risultati eccezionali proprio come nei periodi dei conflitti. Non occorre fare ricerche nazionali, è sufficiente riferirci alla nostra Regione, Imola compresa. Dunque, mentre alcuni settori sono stati drammaticamente colpiti, altri hanno registrato risultati mai visti e, conseguenza evidente, in questi due anni sono aumentate a dismisura le disu-guaglianze sociali. Credo si possa intervenire su tre fronti: quello fiscale, quello degli incentivi mirati e non a pioggia, una diversa attenzione fra imprese in difficoltà che, se valide vanno protette protempore, e quelle rimaste attive a cui è possibile chiedere un contributo straordinario. Queste hanno bisogno di interventi legislativi che ne incentivino le fusioni per incrementare i fatturati e competere a livello mondiale. Va protetta l’industria italiana in Europa e nel mondo. Non si possono tollerare fatti come Fincantieri soggiacendo allo strapotere dei francesi capaci di interpretare le loro leggi ad hoc. Ancora, possibile che nell’affrontare il fisco non venga qualche riflessione sui numeri? Da un’analisi del centro studi di Uninpresa sugli incassi dello Stato, negli ultimi 21 anni sono stati incassati 139,5 miliardi su 1.068 accertati: dunque ne mancano 929. È ancora più grave la graduatoria che passa dal 28% incassato nel 2000 al 4,3% del 2019 e allo 0,4% nel 2020 anno della pandemia. La riforma fiscale dovrà chiudere il tempo degli interventi operati negli anni su aspetti e ambiti della normativa tributaria invasa da norme farraginose ed incomprensibili. Non solo, dunque, una rivisitazione delle aliquote, ma certezze sull’applicazione, tali da permettere chiarezza ai contribuenti, definizioni in tempi brevissimi degli accertamenti, punibilità immediata per chi evade. Sulla giustizia, poi, osservo l’inadeguatezza attuale e credo ci sia motivo di preoccupazione per il futuro. Pensiamo alla velocità di avanzamento della tecnologia e della innovazione. Vi sono oggi infrazioni e reati che, in barba al digitale, ai social, a Facebook, non sono perseguibili legalmente. Fenomeno che si amplia richiedendo alla riforma della giustizia di adeguarsi ai tempi. Dobbiamo continuare con il sistema cartaceo in uso per la privacy quando siamo tutti schedati e controllati dall’etere mentre firmiamo carte incomprensibili? Altra esigenza, quella dei tempi non solo per dare efficienza al sistema ma per una credibilità fondamentale del rapporto cittadino-Stato. Infrastrutture e appalti a cui il PNRR riserva 31,4 miliardi. Anche su questo non ci si può abbandonare a definizioni che non siano rigide nei tempi, nelle responsabilità e nei costi. Le opere progettate non possono subire varianti in corso d’opera che ne allungano i tempi, fanno lievitare i costi arrivando ai collaudi dopo secoli. Segno di una pessima progettazione e di un altrettanto pessimo studio preliminare. Le aree di responsabilità sono chiare. Non si debbono rendere possibili deroghe. La procedura utilizzata con il ponte di Genova può essere chiamata a sistema? La riforma deve anche intervenire sulle norme di aggiudicazione per evitare i ricorsi dei perdenti determinando rinvii continui. Va fatta una selezione dei i vari enti autorizzativi. Sono troppi, frammentari nelle normative in conflitto con il risultato di paralizzare l’impresa. Giusta la partecipazione e il consenso ma quando l’eccesso di democrazia condiziona le esigenze della società e dell’economia bisogna pur mettere un freno. Per concludere, appare chiara l’impresa che il governo dovrà affrontare ma se non attiva i principi del rigore dei tempi, dei modi e delle responsabilità di ciascun attore di questa impresa non se ne uscirà. E qui cito proprio il festival di Trento: “non basta che uno Stato abbia regole, soldi e persone competenti, servono anche una condivisione di valori con la gente. Se questa manca, lo Stato non riesce a funzionare in maniera effettiva” Direi sante parole! Diventa allora importante capire come questi valori possono essere insegnati, trasmessi e amplificati. Partire ancora una volta dall’insegnamento nelle scuole per formare leaderships competenti e idonee a formare il senso civico nella società.
Alberto Domenicali