5, Febbraio, 2025

«I consacrati illuminano il futuro», messaggio del vescovo per il Giubileo della vita consacrata

Carissimi sorelle e fratelli, domenica prossima, 12 giugno alle 16 saremo chiamati finalmente in cattedrale a vivere il Giubileo della vita consacrata dopo le tante restrizioni di questi mesi. La celebrazione di questo anno giubilare per i 750 anni della nostra cattedrale è per tutti noi un vero momento di incontro con la misericordia di Dio. Il Giubileo è proprio l’esperienza viva della vicinanza del Padre che accoglie e perdona, toccati dalla sua tenerezza, perché la fede, la speranza e la carità si rinvigoriscano. Il breve pellegrinaggio verso la Porta Santa, aperta in cattedrale, è il segno del nostro desiderio profondo di vera conversione.
Davvero questo anno sarà l’occasione per riflettere sul mistero della cattedrale, da riscoprire sempre più quale mistero di Comunione. «La Chiesa è una comunione. Una comunità di fede, che si costruisce sulla parola di Dio e sui sacramenti. È un edificio, per vari aspetti, sempre in costruzione, e i costruttori sono tutti i componenti, nessuno escluso, chiamati a cooperare unitariamente alla meravigliosa impresa» come disse san Giovanni Paolo II visitando la nostra cattedrale il 9 maggio 1986.
Il tempio di mattoni è il simbolo della Chiesa viva, costruita da Dio con le “pietre vive” che sono i cristiani, sopra l’unico fondamento che è Gesù Cristo, la “pietra angolare” (cfr. Ef 2,20-22). La bellezza e l’armonia della chiesa, destinate a rendere lode a Dio, invita anche noi, limitati e peccatori, a convertirci per formare una costruzione bene ordinata, in stretta comunione con Gesù. Intorno alla parola di Dio e alla mensa dell’Eucarestia la Chiesa di pietre vive si edifica nella verità e nella carità e viene interiormente plasmata dallo Spirito Santo conformandosi sempre più al suo Signore Gesù Cristo.
Il tempo che stiamo vivendo ci sollecita ad una attenzione grande al cammino di tutta la Chiesa. E così in questo anno siamo chiamati a soffermarci sulla seconda tappa del sinodo (Per una Chiesa Sinodale: comunione, partecipazione e missione) per invitare ognuno di noi a fare la propria parte. A tutti è chiesto di entrare nel «dinamismo di ascolto reciproco, condotto a tutti i livelli della Chiesa, coinvolgendo tutto il popolo di Dio» come ci ricorda papa Francesco. Ma soprattutto siamo chiamati a riscoprire la profondità della nostra vocazione e del nostro compito.
Carissimi, l’invito che ci è fatto è particolarmente importante perché porta con sé l’invito a seguire Gesù più da vicino e per dirgli grazie. Al tempo stesso offre ai religiosi e alle religiose l’opportunità di riflettere sul senso grande della loro chiamata.
Papa Francesco nei suoi numerosi interventi sulla vita consacrata ci offre sempre l’occasione per alzare lo sguardo e rimetterci davanti il compito prezioso che il Signore ci affida. «Le donne e gli uomini che hanno consacrato la propria vita a Dio, animati dalla carità che lo Spirito Santo infonde nei cuori (Rm 5,5), i consacrati e le consacrate illuminano il futuro, abbracciano l’universo e diventano memoria dell’amore trinitario, mediatori di comunione e di unità, sentinelle oranti sul crinale della storia, solidali con l’umanità nei suoi affanni e nella ricerca silenziosa dello Spirito». (Papa Francesco, Omelia del 2 Febbraio 2015).
Nel grande Giubileo della vita consacrata del 2016 papa Francesco scelse tre parole che richiamano tre pilastri della vita consacrata: incontro, stupore e gratitudine.
Incontro: la vocazione prende le mosse da una Grazia del Signore. «I consacrati e le consacrate sono chiamati innanzitutto ad essere uomini e donne dell’incontro. La vocazione, infatti, non prende le mosse da un nostro progetto pensato “a tavolino”, ma da una grazia del Signore che ci raggiunge, attraverso un incontro che cambia la vita. Chi incontra davvero Gesù non può rimanere uguale a prima. Egli è la novità che fa nuove tutte le cose. I consacrati e le consacrate sono chiamati a essere segno concreto e profetico di questa vicinanza di Dio, di questa condivisione con la condizione di fragilità, di peccato e di ferite dell’uomo del nostro tempo».
Stupore: nel cuore sana inquietudine per il Signore. «E anche noi, come cristiani e come persone consacrate, siamo custodi dello stupore. Uno stupore che chiede di essere sempre rinnovato; guai all’abitudine nella vita spirituale; guai a cristallizzare i nostri carismi in una dottrina astratta: i carismi dei fondatori – come ho detto altre volte – non sono da sigillare in bottiglia, non sono pezzi da museo. I nostri fondatori sono stati mossi dallo Spirito e non hanno avuto paura di sporcarsi le mani con la vita quotidiana, con i problemi della gente, percorrendo con coraggio le periferie geografiche ed esistenziali. Non si sono fermati davanti agli ostacoli e alle incomprensioni degli altri, perché hanno mantenuto nel cuore lo stupore per l’incontro con Cristo. Non hanno addomesticato la grazia del Vangelo; hanno avuto sempre nel cuore una sana inquietudine per il Signore, un desiderio struggente di portarlo agli altri, come hanno fatto Maria e Giuseppe nel tempio. Anche noi siamo chiamati oggi a compiere scelte profetiche e coraggiose».
Gratitudine: per l’incontro con Gesù e per il dono della vocazione. «Com’è bello quando incontriamo il volto felice di persone consacrate, magari già avanti negli anni come Simeone o Anna, contente e piene di gratitudine per la propria vocazione. Questa è una parola che può sintetizzare tutto quello che abbiamo vissuto in questo anno della vita consacrata: gratitudine per il dono dello Spirito Santo, che sempre anima la Chiesa attraverso i diversi carismi».
Che richiamo potente quello del papa in un tempo come il nostro. «Ecco la vita consacrata: lode che dà gioia al popolo di Dio, visione profetica che rivela quello che conta. Quand’è così fiorisce e diventa richiamo per tutti contro la mediocrità: contro i cali di quota nella vita spirituale, contro la tentazione di giocare al ribasso con Dio, contro l’adattamento a una vita comoda e mondana, contro il lamento – le lamentele! –, l’insoddisfazione e il piangersi addosso, contro l’abitudine al “si fa quel che si può” e al “si è sempre fatto così”: queste non sono frasi secondo Dio. La vita consacrata non è sopravvivenza, non è prepararsi all’ “ars bene moriendi”: questa è la tentazione di oggi davanti al calo delle vocazioni. No, non è sopravvivenza, è vita nuova. “Ma… siamo poche…” – è vita nuova. È incontro vivo col Signore nel suo popolo. È chiamata all’obbedienza fedele di ogni giorno e alle sorprese inedite dello Spirito. È visione di quel che conta abbracciare per avere la gioia: Gesù». (Papa Francesco, 2 febbraio 2019)
Ecco l’invito per il Giubileo che ci attende, ecco il compito a cui siamo chiamati. Ci sostenga la Madonna che con il suo Sì ci è guida, sostegno e speranza nel cammino.
In questa vigilia della Pentecoste vi benedico invocando su tutti voi il dono dello Spirito Santo.
monsignor Giovanni Mosciatti, vescovo di Imola


 

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