5, Febbraio, 2025

Luciano Albertini, il lughese forzuto del grande schermo

Chi era? Un acrobata, trapezista, attore, regista e produttore italiano, nato a Lugo il 30 novembre 1882 col nome di Francesco Vespignani, figlio del cappellaio Domenico. Ecco la sua storia

Si ha la sensazione che Francesco Vespignani alias Luciano Albertini sia conosciuto soltanto da una ristretta cerchia di addetti ai lavori, per cui rinfrescarne la memoria fa sicuramente bene.
Chi era Luciano Albertini? Acrobata, trapezista, attore, regista e produttore italiano, nato a Lugo il 30 novembre 1882 col nome di Francesco Vespignani, figlio del cappellaio Domenico che, alla nascita di Francesco, aveva già 44 anni, e di Maria Nenci, possidente, di 20 anni più giovane del marito. FamilySearch (Lugo Nati 1882, p. 2003 di 2048) ci dice che Francesco venne al mondo in via Brozzi 718, l’attuale corso Mazzini 49, nei pressi della chiesa di San Giacomo e che il futuro artista l’8 luglio 1905 sposò Domenica Meirone.
I registri parrocchiali aggiungono qualche informazione in più: intanto che il padre proveniva dalla località di Piancaldoli (Firenze); che il vecchio civico 718 divenne 35 prima di passare al definitivo 49; che i genitori ebbero tre figli (Salvatore, Francesco e Giuseppe), il secondo e terzo dei quali camparono, e che Giuseppe sposò Carlotta Ponti l’8 ottobre 1911 continuando ad esercitare il lavoro paterno.
Su Francesco Vespignani hanno già scritto in tanti, fra cui Franco Gàbici, Albertini, un atleta sedotto dallo schermo (Il Resto del Carlino, martedì 5 gennaio 1999, fascicolo locale, p. 2), Enio Iezzi, Lugo capitale. Onori e glorie di una piccola città di provincia, (Lugo, Walberti, 2002, pp. 111-113) e il portale Wikipedia (al quale suggeriremo di correggere l’anno di nascita non il 1891, ma il 1882) e dal quale è possibile mutuare una certa filmografia.
Sia detto per inciso che il nome di Francesco Vespignani va ad aggiungersi a una schiera di personaggi di successo nati in via Mazzini. Tanto per fare un paio di esempi occorre ricordare anche le cugine Rosa e Iolanda Gordini, rispettivamente moglie di Gino Cervi e di Mario Borsalino, quello dell’omonimo cappellificio, entrambe nate nel vecchio civico 34, corrispondente all’attuale 52.
Non disponiamo di molte informazioni sui primi anni di vita del nostro, se non che Francesco Vespignani, amante dello sport, si iscrisse alla Virtus di Forlì, fu militare nella Regia Marina ed entrò nel circo tedesco di Paul Busch (Berlino, 1850-1927), quando stazionava in Francia: fu in questa occasione che conobbe la moglie Domenica Meirone, sposata a Marsiglia all’età di 23 anni.
Nel 1913 fu assunto dalla Pasquali Film di Torino, e debuttò con il film Spartaco. Qualche anno più tardi fu scritturato dall’Ambrosio, dove iniziò nel 1917 con La spirale della morte, il cui titolo fu tratto da una delle sue mosse acrobatiche all’epoca della attività circense. Con Giovanni Bertinetti fondò la Albertini Film, casa cinematografica che sfornò una ventina di film.
Se c’è un personaggio che Albertini interpretò più e più volte quello è sicuramente Sansone, l’uomo dalla forza prodigiosa: Sansone contro i Filistei (1918), Sansone e la ladra di atleti (1919), nel quale recitò anche il campione di ciclismo Costante Girardengo (1893-1978), che proprio nel 1919 vinse il suo primo Giro d’Italia. Nel solo 1920 ne uscirono ben sette di film sul tema, perlopiù sotto la regia di Filippo Costamagna e Giovanni Pezzinga, tutti accomunati dalla tecnica del muto. Solo uno, Hanno pignorato mia moglie, è l’unico parlato della sua carriera. Il divo lughese ha poi un’altra prerogativa: interpretò anche la parte di Frankenstein in quello che da molti è ritenuto il primo film horror italiano e cioè Il mostro di Frankenstein (1921) anche se, riprendendo Iezzi, non fu la prima volta di Frankenstein nel cinema; altre due ve n’erano state, in precedenza, ma con minor successo.
Dunque Luciano Albertini è, per dirla con Gàbici, il «forzuto dello schermo». Oltre al film d’esordio Spartaco e ai vari Sansone, l’attore lughese diede il proprio volto anche a Maciste, il personaggio cinematografico ideato da Gabriele D’Annunzio come protagonista del film storico Cabiria (1914), figura mitologica di un uomo di straordinaria forza e bontà che divenne un’icona italiana. Sempre secondo Iezzi, in Germania, Vespignani alias Albertini interpretò quattro pellicole come Maciste, mentre negli Stati Uniti fu il protagonista di The Iron Man (1924), diretto da Jay Marchant e prodotto dalla Universal, ma con scarso successo.
Discreto, invece, il successo in Il ponte dei sospiri (1921), di genere drammatico. Per completare il quadro, bisogna ricordare Albertini nel ruolo di co-regista assieme ad Albert-Francis Bertoni in L’abisso della morte (Die Schlucht des Todes) (1923).
«La sua carriera – puntualizza Wikipedia – si concluse agli inizi degli anni Trenta e ciò fu dovuto principalmente a problemi di salute generati da una dipsomania [Impulso irresistibile a ingerire smodatamente bevande, per lo più alcoliche]. Afflitto da problemi economici e psichici, Albertini tornò in Italia e trascorse i suoi ultimi anni di vita ricoverato in un ospedale psichiatrico di Budrio, nel bolognese, dove morì il 6 gennaio 1945».
Infine, una annotazione: quante immagini si trovano del divo lughese su Google digitando “Luciano Albertini”.


L’articolo fa parte della collana Pillole di San Giacomo, frutto delle ricerche nel prezioso archivio parrocchiale dell’omonima chiesa lughese scritte da Giovanni Baldini
© Riproduzione riservata

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