Se il soprannome Spancione è rimasto vivo nella memoria collettiva lughese, lo si deve anche alle osterie che, in tempi recenti, ripresero quel soprannome, con allestimenti sotto il Pavaglione in occasione del palio della Caveja.
Un anno, l’Osteria di Spancione fu collocata all’angolo del Caffè Smile (dalla parte di Brozzi); un altro anno, invece, venne posta all’angolo verso la Trisi e, quindi, sotto il rione Cento.
Sono passati cento anni dalla morte di Spancione, al secolo Giovanni Bedeschi, morte avvenuta il 17 marzo 1923 in via Galanotti 1. Egli era nato a Fusignano, figlio di Eugenio e Elena Frontali e vedovo di Camilla Morandi (Fonte: FamilySearch Morti Lugo anno 1923, p. 658 di 2654).
Anche alcune fonti a stampa hanno contribuito a perpetuarne la memoria a cominciare da Corrado Contoli, il quale nella sua Lugh par Lugh (Lugo, Walberti, p. 14) ricorda E’ cafè de Spancion sotto il porticato dell’orologio: fu il ritrovo dei primissimi futuristi lughesi, fra i quali Dafne Gambetti (1896-1956), l’unica donna del gruppo, compagna di vita del pittore Nino Pasi (1892-1923). Oggi, il porticato dell’orologio non esiste più; al suo posto, l’ex Cassa di Risparmio di Lugo, con la banca Credit Agricole.
Altra fonte, il libro uscito vent’anni fa a firma di Antonio Castronuovo e Sante Medri, Il futurismo a Lugo (Imola, La Mandragora). A pagina 50 c’è un gustosissimo racconto che invito ad andare a leggere.
Cosa successe? Negli anni del futurismo, a Lugo c’erano due fazioni, una con sede nella caffetteria di Spancione, nell’allora piazza XX Settembre (piazza Baracca) – e l’altra dalle parti dell’ occhio del Pavaglione che guarda corso Garibaldi. Tra i due covi, frequenti erano le scaramucce e le interminabili dissertazioni.
Accadde che, nella bottega del barbiere Zauli, detto Truvlèn, anch’essa posta sotto il quadriportico, un bel giorno venne esposta la caricatura dei frequentatori futuristi del Caffè di piazza XX Settembre, «sovrastantevi, deus ex machina, il truculento mescitore Spancione con tanto di grembiule bianco che lo somigliava più ad un aiutante del boia che ad un caffettiere aulico» scrisse, nel 1956, Giuseppe Seganti su Lugo Nostra.
Quando Bedeschi alias Spancione lo venne a sapere, lui, fervente repubblicano, si recò presso la barberia del socialista Truvlèn, prese il quadro sotto vetro con la caricatura e lo infilò nel collo di Zauli mandando ovviamente in frantumi il vetro.
Si sa che quella introvabile caricatura, opera del pittore lughese Lucio Benini (1882-1961), venne poi dallo stesso “rattoppata”.
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