Un anno di guerra. Un anno di violenza, morte e distruzione.
Un anno in cui la logica della prevaricazione e la spirale dell’odio sembrano non conoscere alternative. Quel 24 febbraio 2022 ci siamo svegliati tutti increduli davanti alle notizie degli attacchi missilistici russi sull’Ucraina, con i carri armati di Mosca impegnati a varcare i confini. Oggi, alla vigilia di questo tragico anniversario, ci interroghiamo sugli ultimi 12 mesi di devastazione in Ucraina, che hanno riportato la guerra nel cuore dell’Europa; ad alzarsi, indomita e instancabile, c’è solo una voce forte e chiara che continua a chiedere di aprire processi di pace: quella di papa Francesco. Mai così isolato nel contesto internazionale eppure sempre più ragionevole nell’invocare la “profezia della pace” che scardina la logica del conflitto.
«Le paure trovano alimento nell’ignoranza e nel pregiudizio per degenerare facilmente in conflitti. L’educazione è il loro antidoto» ha detto di recente il santo padre parlando al Corpo diplomatico.
«Se ci fosse un’educazione di popolo, tutti starebbero meglio» disse monsignor Luigi Giussani – di cui abbiamo recentemente celebrato l’anniversario della salita al Cielo – dopo la strage di Nassirya del 2003.
E allora, quale compito possiamo avere noi, Chiesa e popolo di Dio, se non quello di farci costruttori di luoghi di educazione alla bellezza e alla speranza, promotori di luoghi di incontro, dialogo e pace, nei quali sia possibile imparare a riconoscere il valore della persona, di ogni persona? Luoghi in cui si possa fare esperienza che l’altro è davvero un bene per me, per la mia vita.
È da questa consapevolezza che inizia la pace: partendo dalle nostre famiglie, dai luoghi di lavoro, dalle nostre comunità, fino ai livelli istituzionali.
Occorre risvegliare tra noi questo anelito alla pace, ad una pace che contempli giustizia e perdono, ad una pace che – ricalcando le parole di San Paolo – sia l’auspicio affinché «verità e carità dimorino tra voi in abbondanza».
Una pace che si fonda sul perdono come dono di Dio, sul riconoscimento del valore dell’altro.
«Quale può essere il contributo dei cattolici russi e ucraini alla causa della pace?» è stato chiesto all’arcivescovo di Mosca monsignor Paolo Pezzi in una recente intervista ad Agensir. «Il perdono, non mi stancherò mai di dirlo. Solo il perdono riuscirà a sanare le lacerazioni più profonde» è stata la sua risposta.
Ad un anno dall’inizio di questa tragedia che, come ci ricorda il papa, è un ulteriore tassello di una «guerra mondiale a pezzi», facciamoci costruttori di luoghi di pace, promotori di pace e verità negli ambienti che abitiamo e che viviamo.
Mons. Giovanni Mosciatti, vescovo
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