5, Febbraio, 2025

Liberazione per tutti

La lotta di liberazione in Italia ha coinciso con il periodo di transizione e di passaggio da uno stato totalitario ad una democrazia. Durante la Resistenza, tra le forze politiche e le diverse anime delle formazioni partigiane, si trovano già in nuce i principi e i valori che confluiranno nella nostra Carta Costituzionale.
Il 25 aprile è però stato oggetto da sempre di un uso politico della storia e l’immagine della resistenza ne è uscita sfigurata, denigrata o eroicizzata a seconda della convenienza del momento.
Già dal 1991 (quindi quasi 30 anni fa!) con l’uscita del decisivo contributo di Claudio Pavone Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella resistenza la lotta partigiana è stata mondata dalla retorica e dagli aspetti più mistificatori ed enfatici e negli anni successivi gli studiosi hanno continuato in questa operazione di verità.
Due tra i massimi intellettuali del nostro Novecento, Beppe Fenoglio e Italo Calvino avevano nelle loro opere rappresentato la resistenza come un fatto privato prima che pubblico con l’autore sanremese che scriverà che «la Resistenza si presta male alle interpretazioni dottrinarie, la sua realtà era di gente semplice e umile e oscura come gli italiani di allora».
Lo stesso significato del ragionamento di Levi che evidenzia come il contesto storico impose all’individuo scelte necessarie e impossibili, moralmente compromesse a priori dall’utilizzo necessario della violenza.
La Resistenza imolese è stata quella di Luigi Tinti (Bob), comandante della 36° Brigata Garibaldi, irriducibile combattente nelle montagne infestate di militari nazisti, che nell’Italia democratica non si è più adattato subendo una involuzione personale e politica e quella di Elio Gollini, partigiano in città che è stato invece uno dei protagonisti della ricostruzione negli anni Cinquanta e Sessanta. Due personalità diverse che appartengono però alla stessa esperienza temporale, all’imperfezione congenita dell’uomo ma che sono state entrambe decisive alla causa della liberazione.
La scelta partigiana è stato un atto di disobbedienza nato nell’intimità, dopo un ventennio di eterodirezione delle coscienze che si trasforma in responsabilità civile, in un esercizio di libertà, di esercizio della differenza, di autocoscienza del proprio agire. Questo è l’insegnamento “eterno” e astorico che la Resistenza ci offre in un mondo sempre più omologato, automatizzato, etereo, dove le dinamiche decisionali sono sempre più oscure e indecifrabili.
Aspettando con ottimismo che anche la minoranza di italiani che non si riconosce nel 25 aprile si convinca, auguriamo alle nuove generazioni di fare proprie, rispetto al loro futuro incerto, queste riflessioni – ancora una volta di Primo Levi: «Certi della giustezza della nostra scelta, estremamente insicuri dei nostri mezzi, con in cuore assai più di disperazione che di speranza, e sullo sfondo di un paese disfatto e diviso, siamo scesi in campo per misurarci».

Roberto Baroni,
presidente del Cidra


© RIPRODUZIONE RISERVATA

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