5, Febbraio, 2025

Il partito della regione

«Non ci sono più posti dove è impossibile perdere» è il lapidario annuncio di Stefano Bonaccini in una campagna elettorale finora solitaria. Forse era preferibile sostenere che ci sono posti dove è difficile perdere per il Pd, ma c’è spesso qualcuno che ci prova e ci riesce purché, ovviamente, gli altri dai 5 Stelle a Forza Italia sappiano scegliere i candidati e votare, all’occorrenza, in maniera strategica. Non sembra proprio essere il caso dell’Emilia-Romagna dove le espulsioni delle Stelle Dissenzienti e il disinteresse di Berlusconi alla conquista della Regione (sarà mica uno dei codicilli al Patto del Nazareno?) non possono creare nessun problema.

Purtroppo, non creando neanche una sfida decente le latitanze degli oppositori non spingono Bonaccini e i candidati in lista a nessuno sforzo di quell’innovazione politica e amministrativa che molti imprenditori, operatori economici e sociali, associazioni e cittadini aspettano da tempo. Eppure da quello che, per fortuna, Bonaccini non ha (ancora?) chiamato Partito della Regione (in omaggio al Partito della Nazione guidato dal suo segretario Renzi), è da tempo, almeno da quando venne sommessamente criticata la decisione di fare ottenere a Errani un terzo mandato, ci si aspetta un salto di qualità. Galleggiare appena al di sopra della crisi, con quasi tutti gli indici di poco migliori delle altre regioni italiane, non basta più. Soprattutto, non serve a mobilitare le energie che in regione esistono, ma che, parecchie volte ormai, decidono di andarsene a cercare altrove, non fortuna, ma occasioni di impegno in condizioni di lavoro migliori.

Non basta , a fronte dello stallo di innovazione e dell’assenza di sfide politiche, rispondere alle critiche come Bonaccini fa replicando a Guccini: «Basta che voti Pd». Poi, rincarando la dose dice di non amare «chi critica dai salotti» e di non sopportare (cito dal titolo all’intervista pubblicata dal Corriere), «la sinistra radical» (dove sono finiti i chic?). Pazienza, la sinistra radical, fra un salotto e un concerto, fra un vernissage e la presentazione di una collezione invernale, se ne farà una ragione. Incidentalmente, per esperienza personale, quella sinistra poi non ha mai il coraggio di non votare Pd (e prima Ds e Pci) e soprattutto di dire perché no, magari argomentando le sue critiche. Il punto, però, è che questi dirigenti renziani del Pd non sembrano molto inclini a dialogare con chi dissente nella loro area, grosso modo la sinistra (che c’è ancora).

Certo dei tecnocrati si può parlare male anche se, in fondo, quasi tutti loro posseggono competenze che potrebbero essere utili (e alcuni le hanno già fatte fruttare in ruolo di governo della Regione). I gufi sono animali graziosi e miti. Fino ad ora non hanno neanche portato sfortuna. Peggio sono, naturalmente, i professoroni, ma anche loro si sono rivelati inadeguati a contrastare brutte e tutt’altro che concluse riforme. Ora tocca ai professionisti che, immagino, sono i frequentatori abituali dei salotti (ahimé, ho scarsissime conoscenze di prima mano) essere colpiti dalla critica. Se il futuro Partito della Regione dovrà essere nazional-popolare come quello abbozzato da Renzi, allora tutto si spiega. Ma non tutto si apprezza.

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