Mozart iniziò a comporre sinfonie prima di aver compiuto sei anni. Ma non è necessario essere geni in miniatura per avvicinarsi al mondo della musica. Che ha mille sfaccettature e uno spazio adatto a ognuno di noi. È sufficiente avvicinarsi all’universo dei suoni, delle note, degli strumenti, poi il resto viene da sé. Se lo si fa in tenera età, ancora meglio.
Prima degli strumenti, il ritmo
Le scuole di musica propongono attività addirittura per le gestanti e poi anche per i piccolissimi, da 0 a 36 mesi. Ma è verso i 4 anni che i bimbi possono iniziare a partecipare ai corsi di avviamento alla musica. «A questa età è ancora presto per indirizzarli verso uno strumento musicale ben preciso» spiega Gianni Vicchi, coordinatore didattico di Music Action, scuola imolese che tiene corsi di musica moderna. Per questo si punta, per prima cosa, su attività che aiutino i bambini a conoscere il ritmo. «Si può proporre una canzoncina e seguirne l’andamento con i movimenti del corpo, ballando o battendo le mani» racconta Valentina Domenicali, che tiene laboratori di musica per bambini e dirige il coro delle voci bianche e dei ragazzi alla scuola Vassura Baroncini. E la scoperta e la conoscenza dell’elemento ritmico non sono fine a se stesse. Non importa se poi i bimbi, negli anni successivi, inizieranno a suonare qualche strumento oppure no. Secondo Vicchi «il ritmo li accompagna in tutti gli aspetti della vita e imparare a conoscerlo li potrà aiutare, dallo sport alla semplice coordinazione nei movimenti che compiono ogni giorno». «Queste attività – aggiunge Matteo Salerno, responsabile della scuola Malerbi di Lugo – possono anche aiutare a correggere piccoli problemi di coordinazione o a scoprire casi di dislessia».
Metodo, disciplina, sensibilità
Ma questo non è l’unico beneficio che si può trarre dallo studio della musica. Come spiega Fabrizio Bugani, coordinatore didattico della Vassura Baroncini, «i bambini imparano che hanno un appuntamento con la lezione e uno a casa, dato che vengono proposte attività da continuare da soli, o con l’aiuto dei genitori se i bimbi sono piccoli. Questo li aiuta ad acquisire, mentre giocano e imparano qualcosa che li diverte, un metodo che poi potranno applicare anche a scuola». Lezione in classe, compiti a casa: lo schema è lo stesso.
Anche nel superamento delle difficoltà e nell’affrontare gli ostacoli lo studio della musica può insegnare molto. Un ritmo che non si riesce a seguire, una nota che non viene quando si cominciano a suonare gli strumenti, un passaggio che proprio non entra in mente. «I bambini e i ragazzi – commenta Salerno – imparano presto che bisogna andare per gradi. Non si può pretendere tutto subito. Bisogna fare un passo alla volta, provare e riprovare, avere costanza. In questo modo si può riuscire a superare qualsiasi ostacolo».
Ma cantare e suonare non sono solo impegno e regole. Le emozioni giocano una parte importante in questi campi «e fin da subito – spiega Domenicali – i bambini capiscono che la musica è un modo per esprimerle». Tristezza, allegria, rabbia. Posso raccontarle, sì, con una lacrima o un sorriso, ma anche con un suono, con una melodia, con una mano che picchia più o meno veloce su un tamburello. «Acquistano una maggiore sensibilità – continua Domenicali -, imparano ad ascoltarsi».
Un gioco di squadra
Ma l’ascolto non riguarda solo se stessi. «Finché i bambini sono piccoli, anche nel momento in cui iniziano a suonare uno strumento musicale – spiega Bugani – cerchiamo di mantenere la dimensione del gruppo, di farli suonare e cantare insieme». Così imparano ad ascoltare gli altri. E anche con molta attenzione. Lo vede tutti i giorni Domenicali con i suoi piccoli allievi: «In un coro non si può prescindere dai compagni. Se non ci si ascolta l’un l’altro, non ne uscirà nulla di armonico. È un po’ come una squadra». Si lavora tutti insieme per un obiettivo comune. Questo vale a tutte le età. «Anche quando i bambini crescono e diventano adolescenti – chiosa Vicchi – l’elemento di aggregazione rimane molto importante. Far parte di un gruppo li aiuta a socializzare, condividere emozioni, sentirsi legati da un fine comune».
Educazione musicale: l’Italia è indietro
Peccato che tutto questo, molti bambini e ragazzi, non abbiano la possibilità di sperimentarlo. Perché in Italia l’educazione musicale non è sistematica. «Molto spesso – conferma Domenicali – questo tipo di formazione viene lasciata all’iniziativa dei genitori». Se non sono loro a portare i bambini a lezione di musica, non è detto che abbiano la possibilità di imparare questa disciplina a scuola. Alcuni progetti nelle materne e nelle elementari ci sono, ma non vengono proposti in tutte di default. Sembra però che mamme e papà, consapevoli di questo, si stiano muovendo sempre più per far sì che i propri figli possano conoscere suoni, note, strumenti musicali. I numeri degli iscritti nelle scuole del territorio ne danno una conferma. Sono circa 300 i bambini che frequantano la Vassura Baroncini, 400 i i piccoli iscritti a Music Action e 150 i giovani musicisti della Malerbi di Lugo.