Coperto, interrato, poi sepolto, emblema dell’avvio di una urbanizzazione che, spinta dal furore edilizio, segnò gli anni ’60. L’anfiteatro romano di Imola sarebbe anche un bene dall’immenso valore storico, culturale e architettonico irrimediabilmente dimenticato se non fosse per la caparbietà di alcuni appassionati amanti delle vicende cittadine che hanno raccolto foto, documenti e testimonianze dell’«unico grandioso monumento romano della città».
Circa tre mesi fa, in corrispondenza dell’uscita del bel libro di Maria Alessandra Gambetti Bizzi (L’anfiteatro romano di Imola; Editrice la Mandragora) abbiamo dedicato ampio spazio alla ricostruzione degli accadimenti attraverso i quali si giunse a cancellarne la memoria. La scoperta nel 1870 all’interno del podere Pasticcia, compreso nel quadrante all’incrocio tra le vie Amendola, Casoni e Guidaccio da Imola (nell’immagine un rendering che lo inserisce là dove è sepolto; tratta dallo stesso libro), il vincolo posto dalla Soprintendenza nel 1925, un primo progetto di nuove costruzioni salvaguardando l’anello dell’anfiteatro, ed infine il progetto che ignorando la presenza del rudere va a costruire le case proprio sull’originario tracciato del monumento. Il piano regolatore del 1953 molto semplicemente ne ignora l’esistenza e nel 1961 la completa edificazione dell’area era bell’e completata. La memoria di un bene che per la nostra città dovrebbe avere un grande valore venne così sepolta.
Demolire le abitazioni per riportare alla luce l’anfiteatro di Imola, l’unico rimasto in Italia sulle cui fondamenta in muratura era elevata una struttura in legno? Riscattare almeno uno degli edifici che lo sovrastano, passo che consentirebbe l’osservazione di una porzione dei resti e di verificarne lo stato di conservazione? La proposta inviata in questi giorni al sindaco Daniele Manca dal Comitato culturale per la valorizzazione dei beni archeologici della città di Imola è molto più pudica: «Dopo aver constatato, con vivo apprezzamento, che molti luoghi di interesse culturale, artistico e storico della nostra città sono stati valorizzati dall’installazione di pannelli che ne indicano la storia e ne tramandano la memoria con una selezione di foto», scrivono nella missiva citando il pannello posto in piazza Matteotti e quelli accanto alla Farmacia dell’Ospedale e all’ingresso della Biblioteca comunale, allo stesso modo si vada ad installare «i pannelli ad memoriam dell’Anfiteatro romano di Imola nella vie Casoni, Anfiteatro romano, Guidaccio da Imola».
Il materiale tra cui scegliere non manca, come le foto scattate da Salvatore Aurigemma a documentare gli scavi del 1929 e le immagini ricavate dai voli dela Raf nel 1945. L’installazione di pannelli ad memoriam dell’anfiteatro romano sarebbe, scrivono dal comitato, «il risarcimento minimo che l’amministrazione comunale deve, non solo agli imolesi, ma alla comunità di studiosi tutta». La collocazione di pannelli «inserirebbe anche la città di Imola nel circuito virtuoso di coloro che non hanno reciso e che rivendicano le loro radici storiche e culturali».